L’applicazione del causal modeling al DPTS

di Walter Sapuppo

Dopo il puntuale articolo della Dott.ssa Fadda, in riferimento al “causal modeling” (Morton & Frith, 1995; Morton, 2004), vado ad illustrare – in maniera riassuntiva – l’applicazione di tale framework a un disturbo specifico: il Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS). Il lavoro di integrazione dei modelli è il frutto di un project di ricerca coordinato dal Dott. Leonardo Fava in collaborazione con il gruppo classe dell’attuale III anno della SPC-sede di Napoli. Per elaborare un’ipotesi causale del disturbo in oggetto è stata condotta un’analisi descrittiva di differenti ipotesi teoriche relative agli aspetti eziopatogenetici e di mantenimento del DPTS e, in particolare, sono stati valutati i contributi di maggiore rilevanza scientifica inerenti le principali dimensioni del disturbo. Dopo aver integrato i principali aspetti emersi da ciascun approccio, è stata formulata una cornice teorica (causal modeling) comprensiva dei fattori implicati. Nello specifico, tale operazione ha permesso di identificare:

a livello biologico, le strutture cerebrali responsabili del tipico “condizionamento alla paura” che si sviluppa nelle vittime di un trauma, nonché della creazione di quelle memorie traumatiche che seguono l’esposizione ad una forte minaccia all’integrità (propria e/o altrui) (Rauch et al., 2006; Amstadter, Nugent & Koenen, 2009);

a livello genetico, le variazioni responsabili di un temperamento altamente reattivo allo stress (i. e.: variazioni nei geni del sistema delle corticotropine – CRH- e nelle proteine di legame – CRH-BP) (Yehuda, 2002; Raison & Miller, 2003; Claes, 2004; Wust et al., 2004; Smoller et al., 2005; Binder et al., 2008);

a livello cognitivo, le funzioni maggiormente responsabili dell’elaborazione, della riattivazione e del contenimento del trauma attraverso l’analisi dei modelli di Ehlers & Clark (2000), di Jobson (Threat to Conceptual Self – TCS, 2009) di Brewin e di Dalgleish & Joseph (1996);

a livello relazionale, le influenze di fattori intra e inter-personali (e. g.: qualità dell’attaccamento, della base sicura, del sostegno ecc.) (Cassidy & Mohr, 2001; Liotti, 2011) sull’insorgenza, la prognosi e l’adattamento familiare e della coppia allo stress post-traumatico (Couple Adaptation to Traumatic Stress Model – CATS, Nelson & Smith, 2005).

In termini clinici, il lavoro svolto rappresenta un tentativo di inquadrare il DPTS in una prospettiva che possa consentire di illustrarne la multi causalità fenomenica e sintomatologica, nonché considerarne le implicazioni (terapeutiche e prognostiche) su un piano bio-psico-sociale. Difatti, un approccio teorico che integra prospettive differenti, consente –per quanto possibile- di scorporare il disturbo nei suoi molteplici “fattori” e, soprattutto, di osservarne le interazioni. Tale ottica –anche considerando i lunghi tempi di realizzazione del framework teorico, la difficoltà di mantenere un atteggiamento teorico “neutrale” e la non immediata fruibilità del modello a causa della sua intrinseca complessità- può offrire un valido supporto all’intervento terapeutico al fine di individuare la modalità di trattamento più opportuna, le “variabili” (cognitive, neurobiologiche, genetiche, socio-culturali) maggiormente coinvolte e quali cambiamenti auspicare nel soggetto trattato.

Bibliografia

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