Come già accennato nel post precedente, secondo una recente prospettiva, ottimismo e pessimismo non sarebbero disposizionali, piuttosto dipenderebbero dagli scopi attivi dell’individuo e dal contesto. Alcuni autori, infatti, distinguono O e P sulla base della lora natura adattiva e della motivazione sottostante.
Per quanto riguarda il primo punto, alcuni modelli attuali sottolineano la natura adattiva dell’ottimismo e quella disadattiva del pessimismo. L’O, infatti, sarebbe associato a: maggiori benefici psicologici come una maggiore soddisfazione di vita, affetti più positivi, e meno sintomi depressivi; un utilizzo maggiore di metodi di problem-solving nell’affrontare stress o eventi critici; perseveranza nella gestione di difficoltà. Queste caratteristiche possono portare a effetti a lungo termine positivi, come maggiore successo e conseguimento di obiettivi. Al contrario, il P si associa a sintomi depressivi, affetti negativi e stress psicologico, per questo viene considerato disadattivo.
Rispetto al secondo punto, secondo un’attuale prospettiva, O e P si distinguono sulla base della motivazione sottostante. A conferma di ciò, diversi studi hanno osservato che gli O sono più desiderosi di raggiungere i loro obiettivi ma meno attenti ai rischi [bias ottimistico]. Tuttavia, paradossalmente, gli O tendono ad abbandonare un compito irrisolvibile confrontati con i P; ciò suggerisce che gli O, differentemente dai P, non tendono a generalizzare il fallimento su altri compiti, perciò sono più disposti a passare ad un altro compito (Aspinwall e Richter, 1999).
Secondo alcuni autori, la funzione di questo bias ottimistico [ottimismo irrealistico] sarebbe legata ad una motivazione egocentrica; in altre parole, lo scopo sarebbe quello di rinforzare l’autostima di fronte a un rischio (Wei et al, 2007). Per esempio, alcuni studi hanno osservato che quando gli individui sono vicini nel tempo alla comparsa di un evento (per esempio, di tipo minaccioso) si riduce l’ottimismo e aumenta il pessimismo, cioè si riducono gli standard e gli obiettivi. La spiegazione che viene data è che alla base dell’O ci sarebbe la motivazione a “mantenere una percezione di sé positiva”. Quindi, all’avvicinarsi dell’evento l’individuo percepisce minori probabilità di successo per cui cambia la propria definizione di successo, abbassando gli standard e aumentando, così, le occasioni per raggiungere l’obiettivo. Secondo questa teoria, la motivazione all’auto-determinazione degli O sarebbe associata ad una tendenza a comportarsi indipendentemente dalle pressioni esterne e porterebbe ad un maggiore benessere soggettivo. Diversamente, nonostante generalmente il P venga considerato disadattivo, ci sono situazioni in cui il P sembra essere adattivo. Per esempio, questo è il caso del P difensivo, caratterizzato da basse aspettative e rimuginio sui possibili esiti di un evento prima che questo si verifichi. Generalmente si associa ad ansia riguardante la prestazione e alla tendnza ad anticipare futuri fallimenti a dispetto di successi passati. In questo caso, diversamente dall’O, la motivazione è “non fallire”. Ciò che ne consegue è che i P si preparano eccessivamente per affrontare l’evento e spesso ottengono risultati positivi. Infatti, alcuni studi dimostrano che quando questi individui non possono utilizzare una strategia difensiva, la loro prestazione ne risente; per esempio, l’induzione di umore positivo sembra avere effetti negativi sulla prestazione. Il PD è considerato una forma adattiva perchè aiuta ad affrontare l’ansia così che non interferisca sulla prestazione, migliora ndone l’esito.
In sintesi, la distinzione tra O e P sembra essere non tanto disposizionale piuttosto motivazionale. Gli O avrebbero la motivazione, adattiva, a mantenere un’immagine di se’ positiva e all’autodeterminazione; mentre i P avrebbero la motivazione ad evitare il fallimento.
Rimane un quesito ancora irrisolto che riguarda la natura adattiva dell’O. Gli O sono più motivati e attivi nel cercare soluzioni a i problemi, oppure hanno una minore percezione del rischio che li porta ad affrontare i problemi con maggiore determinazione? Questa questione introduce un’argomento interessante che necessita ancora di ulteriori approfondimenti, considerando i pochi studi esistenti su ottimismo, pessimismo e motivazione (Chang et al., 2009).
Bibliografia
Chang, E.C., Chang, R. e Sanna,L.G. (2009). Optimism, pessimism and motivation: relations to adjustment. Social and Personality Pscyhology Compass, 3/4, 494-506