Il convegno internazionale di mappatura del cervello umano (Organization of Human Brain Mapping, giugno 2013) quest’anno si è svolto a Seattle (USA), conosciuta per essere la città di origine dei Nirvana (e del grunge in genere), della catena di caffè Starbucks, per il suo Space Needle (frequentemente ripreso nella serie di Grey’s Anatomy) e sede della più grande azienda di boeing al mondo.
La XIX edizione del convegno ha riunito migliaia di, più e meno, giovani ricercatori e ha visto protagonisti studiosi come Marcus Raichle, Olaf Sporns e Cathy Price, e progetti di ricerca, tra cui il Connectome project (che ha lo scopo di mappare i nodi del cervello) e il famosissimo Brain Project, promosso da Obama, e presentato dal direttore del National Institute of Mental Health (NIMH) USA.
Le metodiche più citate durante i cinque giorni di convegno si concentrano principalmente sullo studio della connettività funzionale, che rileva le variazioni della connettività cerebrale durante lo stato di riposo (Resting State – Functional Megnetic Resonance Imaging, RS-fMRI), e su quella strutturale, che misura la connessione anatomica tra aree cerebrali diverse (i.e., Diffusion Tensor Imaging, DTI). Nell’ambito della patologia, assumono sempre maggior rilievo gli studi condotti su popolazioni psichiatriche, che coinvolgono soprattutto disturbi d’ansia, dell’umore e schizofrenia, e le patologie neurodegenerative, prima tra tutte il Morbo di Alzheimer.
In ambito psichiatrico, soprattutto per la depressione, vengono proposti nuovi metodi di trattamento basati sulle tecniche di neuroimmagini, come la Deep brain stimulation (DBS), che consiste in una stimolazione cronica di alcune aree cerebrali a cui si accede chirurgicamente, o la Stimolazione Tran-scranica (TMS), in cui si stimolano elettricamente alcune aree del cervello senza dover ricorrere alla chirurgia. Entrambe le tecniche possono rivelarsi utili nel trattamento di quel 10% di pazienti depressi resistenti al trattamento farmacologici e psicoterapico. La Mayberg (GA, USA), e il suo gruppo, hanno usato la DBS su aree coinvolte nei circuiti emotivi, cognitivi, motori e vegetativi implicati nella depressione, andando a stimolare siti specifici nei lobi frontali (soprattutto la Broadman Area, BA, 9), nel cingolo anteriore (in particolare nella parte sub-callosa, BA 25) e nei lobi parietali (BA 40). Gli autori hanno osservato un immediato miglioramento dei sintomi (già dopo 5 secondi!), con diminuzione di dolore, apatia e sintomi viscerali ed un aumento delle capacità attentive ed interpersonali. I pazienti, inoltre, non hanno riportato alcun effetto collaterale e gli effetti della DBS si sono rivelati stabili a 6 mesi di follow-up. Analogamente, Gorge (SC, USA) ha utilizzato la TMS nel trattamento della depressione, oltreché dell’epilessia, attraverso la stimolazione del nervo vago, anch’esso ottenendo risultati promettenti.
La TMS può essere usata anche a scopo di ricerca, congiuntamente con la fMRI. Provocando delle temporanee lesioni in circoscritte regioni del cervello, Berg (Oford ,UK), mostra come sia possibile studiare il ruolo di specifiche regioni cerebrali durante l’esecuzione di determinati compiti o funzioni cognitive ed emotive. La stessa metodica può essere usata anche per migliorare le abilità di apprendimento e per la riabilitazione di pazienti con danni cerebrali.
Di particolare interesse l’intervento di Thomas R. Insel (direttore del NIMH) volto a spiegare il Brain Project, in modo da ottenere anche suggerimenti e feedback dall’audience (vedi http://www.nih.gov/science/brain/). Il progetto, che segue quello molto fortunato della mappatura del gene umano, è stato finanziato nonostante la crisi economica e un taglio del 5% ai finanziamenti USA. Insel ricorda che il Brain Project non ha scopo diagnostico e, quindi, non si prefigge di migliorare gli strumenti diagnostici nell’ambito della patologie che interessano il cervello, ma, piuttosto, che l’obiettivo consiste nel capire come funziona il cervello di un essere umano adulto sano (vedi Insel et al., Science 2013). Il Brain Working Group si è già incontrato diverse volte con lo scopo di chiarire in quali settori intervenire ed investire, e, in via del tutto preliminare, ad oggi, ha considerato le aree relative al funzionamento molecolare, alle tecnologie da usare e ha preso in esame le diverse misure e modalità di analisi che permettono di studiare il cervello. Per il progetto sono stati investiti 5.5 miliardi di dollari USA, finanziati dal NIMH , più ulteriori sovvenzioni private provenienti da alcuni Istituti di ricerca statunitensi (i.e., l’Allen Institute). Oltre a diversi suggerimenti, alcuni interventi del pubblico hanno sottolineato la necessità di allargare le conoscenze che verranno acquisite attraverso il Brain Project a quei paesi che non vantano un livello di sviluppo (scientifico ed economico) al pari di quello USA. Inoltre, un paio di ricercatori europei hanno avanzato la possibilità di istituire un progetto simile in Europa, ma, ad oggi, piani di lavoro simili sono stati progettati solo in Israele e in Giappone.
Come sempre all’OHBM, di particolare rilievo le sessioni dei poster in cui sono stati affrontati problemi relativi alle metodiche utilizzate nel neuroimaging e presentati nuovi toolbox che possono facilitare le analisi statistiche. Inoltre, di maggiore interesse per noi psicologi-psicoterapeuti, diverse ricerche sono state condotte nell’ambito di disturbi quali l’ansia sociale, la depressione, la schizofrenia, il disturbo borderline di personalità, il disturbo bipolare e il disturbo da stress post-traumatico. Non mancavano, inoltre, studi che hanno indagato il ruolo della sostanza grigia e bianca nell’ambito di processi cognitivi quali il decision making, il giudizio morale, l’altruismo, il reward, etc.. Se di interesse, una lista completa dei poster presentati all’OHBM 2013 è scaricabile su: http://ow.ly/oYJEt