di Elena Bilotta
In un articolo appena pubblicato sulla rivista Psychology and Psychotherapy: Theory, Research and Practice (Link: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/papt.12079/abstract; Bilotta, E., Giacomantonio, M., Leone, L., Mancini, F., & Coriale, G. (2015). Being alexithymic: necessity or convenience. Negative emotionality X avoidant coping interactions and alexithymia. Psychology and Psychotherapy: Theory, Research and Practice) abbiamo testato un’ipotesi secondo la quale l’alessitimia trae origine da due “percorsi” alternativi: 1) un’elevata sofferenza emotiva; oppure 2) un’abitudine a utilizzare stili di coping evitante. Tale concettualizzazione è in linea con quella che in letteratura viene definita alessitimia secondaria, ovvero una condizione sviluppata sulla base di sofferenza emotiva e conseguenza di strategie volte a evitare stati interiori avversi (Bailey & Henry, 2007; Marchesi, Brusamonti, & Maggini, 2000), ma a differenza degli studi tradizionali sull’argomento, propone un approfondimento del ruolo svolto dalla preferenza per strategie di coping evitante nella sua insorgenza.
Pur subendo le limitazioni dei disegni di ricerca correlazionali in merito a inferenze causali, abbiamo ipotizzato un possibile pattern di relazioni tra alessitimia, affettività negativa e strategie di evitamento su due campioni di soggetti non clinici: un campione Italiano e uno Statunitense (N totale = 415). I risultati di questi due studi indipendenti hanno mostrato effetti coerenti con l’ipotesi proposta: l’alessitimia è associata con la necessità soggettiva di far fronte a elevati livelli di sofferenza emotiva, oppure con la facilità o abitudine di utilizzo di strategie di coping evitante. In altre parole, nonostante sia l’affettività negativa sia il coping evitante siano di per sè predittivi di elevati livelli di alessitimia, nel caso in cui solo una delle due variabili superi una determinata soglia, allora il potere predittivo della seconda decrescerebbe.
Il profilo di risultati suggerisce due possibili pattern di sviluppo dell’alessitimia, non necessariamente convergenti: (1) reazione a forte stress emotivo; (2) abitudine all’utilizzo di strategie di coping evitante. Affettività negativa e coping evitante potrebbero essere così considerate condizioni sufficienti ma non necessarie allo sviluppo dell’alessitimia.
Per esemplificare i due ipotetici pattern di sviluppo dell’alessitimia, nell’articolo vengono descritti due esempi clinici. Il primo è il caso di un uomo di 35 anni, alcolista, con una serie di sintomi psicosomatici e una storia di ansia sociale, ma non tale da giustificare una diagnosi di fobia sociale. Il paziente inizia a bere alcol da molto giovane, nella maggior parte dei casi per affrontare l’imbarazzo nelle situazioni sociali. Al momento della valutazione testistica, il punteggio alla TAS risulta di 81 (alessitimia positiva; Bressi et al., 1996); il GSI al SCL-90 è di 0.65 (cut-off > 1; Derogatis, 1975), mentre il punteggio alla scala COPE è di 50 (max 64; Sica et al., 1996), a indicare una elevata tendenza del paziente a utilizzare strategie evitanti per affrontare momenti stressanti. Il profilo di questo paziente (alto evitamento e sofferenza emotiva al di sotto del cut-off) potrebbe indicare che la sua alessitimia sia il risultato dell’abituale ricorrenza a strategie di coping evitante appresa nel corso della vita.
Il secondo caso è quello di una donna di 39 anni, con diagnosi di fobia sociale. Nonostante la sua diagnosi sia correlata a un elevato utilizzo di evitamenti, la paziente mostra una forte motivazione ad affrontare le proprie paure, nonostante una elevata attivazione ansiosa e rimuginio in situazioni sociali. Alla somministrazione dei test, il punteggio alla TAS è di 66 (alessitimia positiva); il GSI è di 1.60 (cut-off > 1), mentre il COPE è 22 (max 64). La paziente, pur avendo una storia di ansia e sintomi somatici, mostra una tendenza a ricorrere a strategie di evitamento non particolarmente elevata, legata probabilmente a una forte motivazione. Il profilo della paziente apparirebbe quindi coerente con lo sviluppo dell’alessitimia principalmente legato alla elevata sofferenza psicologica.
Siamo consapevoli del fatto che i due casi clinici potrebbero essere interpretati con approcci teorici alternativi (con i quali tuttavia la nostra ipotesi non sarebbe in contraddizione; ad esempio, Fonagy, 1991, Vanheule et al., 2007). Tuttavia, i dati raccolti suggeriscono come una spiegazione dell’alessitimia come possibile risultato di due percorsi relativamente indipendenti potrebbe meritare un approfondimento in ambito teorico e clinico, oltre a essere uno spunto per stimolare studi più sistematici che puntino all’analisi dell’alessitimia non come deficit, ma come risposta a un bisogno urgente, o ancora come abitudine appresa nel corso della vita del paziente.
Link all’articolo: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/papt.12079/abstract
Bibliografia citata
Bailey, P. E., & Henry, J. D. (2007). Alexithymia, somatization and negative affect in a community sample. Psychiatry Research, 150, 13–20. doi:10.1016/j.psychres.2006.05.024
Bressi, C., Taylor, G. J., Parker, J. D. A., Bressi, G., Brambilla, V., Aguglia, E., . . . Invernizzi, G. (1996). Cross validation of the factor structure of the 20-item Toronto Alexithymia Scale: An Italian multicenter study. Journal of Psychosomatic Research, 41, 551–559. doi:10.1016/S0022-3999(96)00228-0
Derogatis, L. R. (1975). The SCL-90-R. Baltimore, MD: Clinical Psychometric Research.
Fonagy, P. (1991). Thinking about thinking: Some clinical and theoretical considerations in the treatment of a borderline patient. The International Journal of Psychoanalysis, 72, 639–656.
Marchesi, C., Bertoni, S., Cantoni, A., & Maggini, C. (2008). Is alexithymia a personality trait increasing the risk of depression? A prospective study evaluating alexithymia before, during and after a depressive episode. Psychological Medicine, 38, 1717–1722. doi:10.1017/S0033291708003073
Sica, C., Magni, C., Ghisi, M., Alto_e, G., Sighinolfi, C., Chiri, L. R., & Franceschini, S. (2008). Coping orientation problems experienced – New Italian Version (COPE-NVI): An instrument for measuring coping stiles. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 14, 27–53.
Vanheule, S., Desmet, M., Meganck, R., & Bogaerts, S. (2007). Alexithymia and interpersonal problems. Journal of Clinical Psychology, 63, 109–117. doi:10.1002/jclp.20324