di Katia Tenore
La percezione negativa di un elemento con cui si viene a contatto è influenzata da quanto risulta distante dal proprio codice di valori
L’emozione del disgusto, nella funzione evolutiva, corrisponde a un istinto di protezione del corpo da influenze dannose, sia sul piano fisico, come nel caso di agenti patogeni, sia sul piano spirituale, come nel caso di minacce alla propria moralità. Secondo i neuroscienziati Rozin e Fallon, il disgusto ha la funzione di trasmettere e proteggere i valori culturali di una comunità: agire in accordo con il codice morale e i valori condivisi rafforza il senso di appartenenza e, d’altro canto, la violazione delle stesse norme morali genera il disgusto degli appartenenti nei confronti del trasgressore.
In molte religioni, ad esempio, alcuni rituali come il battesimo e le abluzioni sottendono “azioni di pulizia” tese a purificare simbolicamente lo spirito e a prepararsi a entrare in comunione con la divinità. Allo stesso modo, entrare in contatto con una credenza religiosa, giudicata non in linea con il proprio sistema valoriale, comporta una reazione di disgusto. A partire da questa osservazione, in uno studio di Ritter, è stato chiesto ai soggetti di esprimere un giudizio sul gusto di due bevande che, all’insaputa dei partecipanti, risultavano essere composte dalla stessa quantità degli stessi ingredienti. Tra il primo e il secondo assaggio, ai soggetti era richiesto di copiare a mano un testo proiettato su un monitor, in particolare un passo del Corano, del libro “L’illusione di Dio” di Richard Dawkins oppure di un volume neutro, la prefazione di un dizionario. Le persone che si dichiaravano cattoliche e altamente religiose, cioè che consideravano la religiosità come un aspetto centrale della propria identità, valutavano il secondo assaggio, che avveniva dopo aver copiato il passaggio preso dal Corano o dal libro di Richard Dawkins “L’Illusione di Dio”, più disgustoso rispetto al primo, corrispondente al testo neutro. Lo studio dimostra, quindi, che l’entrare in contatto con informazioni non giudicate coerenti con la propria morale aumenta la percezione del disgusto.
Gli stessi risultati sono stati allargati in una successiva ricerca: ai soggetti, dopo l’esposizione a uno di tre testi tra un passo del Corano, uno della Bibbia e uno del dizionario, veniva chiesto di guardare oppure di utilizzare delle salviette disinfettanti.
I partecipanti cattolici entrati in contatto con un passo della Bibbia valutavano la stessa bibita meno disgustosa se guardavano le salviette per lavarsi le mani e più disgustosa quando, invece, le utilizzavano. La pulizia ha, dunque, un effetto sulla valutazione del disgusto: il proprio testo religioso costituisce una fonte di purezza morale e il gesto di pulirsi, dopo esserne venuti in contatto, probabilmente riduce quell’aurea di moralità che il contatto stesso ha generato.
Per approfondimenti:
Ritter, R. S., & Preston, J. L. (2011). Gross gods and icky atheism: Disgust responses to rejected religious beliefs. Journal of Experimental Social Psychology, 47(6), 1225–1230. doi:10.1016/j.jesp.2011.05.006
Rozin P., Fallon A.E. (1987): A perspective on disgust. Psychological Review 94, 23-41
Zhong, C., & Liljenquist, K. (2006). Washing away your sins: Threatened morality and physical cleansing. Science, 313, 1451-1452