Agendo sulla rete web, i cyberbulli sono anonimi e invisibili, non hanno limiti di spazio e di tempo e possono avere un impatto devastante sulla vittima
Tragici episodi di cronaca su giovani adolescenti che hanno deciso di porre fine alla propria vita, negli ultimi anni, hanno elevato l’attenzione comune sul cyberbullismo, un fenomeno molto diffuso e in continua espansione, strettamente legato allo sviluppo delle nuove tecnologie e della loro diffusione tra gli adolescenti. Essendo attuato tramite uno strumento elettronico, il cyberbullismo, anche se considerato un’evoluzione del bullismo tradizionale, se ne differenzia in molti aspetti e appare maggiormente insidioso: se i “bulli” sono persone che la vittima conosce e che commettono atti di violenza fisica e psicologica nelle scuole o in altri contesti limitati, i “cyberbulli” sono anonimi, invisibili, e, agendo sulla rete web, non hanno limiti di spazio e di tempo, possono arrivare ovunque ed essere sempre presenti nella vita privata della persona vessata. Proprio l’anonimato, unito alla distanza virtuale tra il cyberbullo e la vittima, fa sì che il “bullo virtuale” raramente provi empatia nei confronti della vittima, riducendo il tutto ad uno scherzo di poca importanza. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, poco più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subìto almeno un episodio offensivo, non rispettoso o violento da parte di altri ragazzi o ragazze, e il 5,9% denuncia di aver subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o social network. Dai dati Istat emerge, inoltre, che le ragazze sono più di frequente vittime di cyberbullismo (7,1%) rispetto ai ragazzi (4,6%).
L’impatto sulle vittime può essere devastante e si manifesta in sentimenti di rabbia, tristezza, paura, solitudine, frustrazione, depressione, vergogna, amplificati dalla presenza di un pubblico di testimoni potenzialmente vastissimo. Una meta-analisi del 2014 ha individuato 34 studi riportanti una relazione tra la cyber vittimizzazione e il pensiero del suicidio in giovani dai nove ai 21 anni e nove studi riportanti una relazione tra la cyber vittimizzazione e un tentativo di suicidio.
Episodi vessatori sul web possono costituire elementi di amplificazione di problematiche già esistenti. Nell’età infantile ed adolescenziale, è anzitutto essenziale che il ragazzo abbia una relazione supportiva e affettiva con i genitori, che hanno il compito di supervisione i comportamenti online e offline de propri figli. Altrettanto importante risultano essere il senso di appartenenza a un contesto, un rapporto positivo con la scuola, il supporto dei pari. La psicoterapia, infine, può aiutare le vittime a condividere e a elaborare le sensazioni dolorose causate dalla loro condizione e ad apprendere strategie di coping, vale a dire modalità di adattamento con le quali si fronteggiano le situazioni stressanti.
Per approfondimenti:
Van Geel, M., Vedder, P., Tanilon, J. (2014). Relationship between peer victmization, cyberbullying, and suicide in children and adolescents. A meta-analysis. Jama Pediatrics, 168(5), 435-442.
Slonje, R., K. Smith, P., Frisén, A. (2013). The nature of cyberbullying, and strategies for prevention. Computers in Human Behavior, 29(1), 26-32.