Le pratiche di mindfulness per la prevenzione del suicidio

di Antonella D’Innocenzo

Le più recenti indagini epidemiologiche mostrano che il suicidio costituisce uno dei più gravi problemi di salute pubblica a livello mondiale

Diverse ricerche hanno focalizzato l’attenzione sugli specifici processi psicologici legati al suicidio, individuando nella mancanza di speranza, nell’impulsività, nell’eccessiva tendenza a evitare le esperienze spiacevoli e nell’elevata reattività emozionale, alcuni dei principali fattori che ne aumenterebbero il rischio.
Studi scientifici mostrano come gli interventi basati sulla mindfulness – vale a dire sulla consapevolezza del momento presente e sull’accettazione in modo non giudicante dei propri pensieri – possano agire positivamente su una larga varietà di processi psicologici associati al rischio suicidario. In particolare, risultano efficaci la Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) e la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT).
Lo sviluppo di questa consapevolezza si assocerebbe al potenziamento di attitudini mentali adattive e al decremento di quelle maladattive, come automatismi e reattività che spesso contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento di malessere e stress.
Perché e in che modo gli interventi basati sulla mindfulness possono essere d’aiuto per la prevenzione dei comportamenti suicidari?In primo luogo, aiutando le persone a riconoscere la tendenza automatica della propria mente a entrare nella “modalità ruminativa”, un tipo di pensiero circolare caratterizzato dal tornare e ritornare costantemente su alcuni temi emotivamente salienti o dal vagare della mente in avanti e indietro nel tempo, perdendo il contatto con il momento presente, e a focalizzare la propria attenzione sul respiro, sulle sensazioni corporee o sui suoni. I partecipanti vengono aiutati a diventare “testimoni” dei propri pensieri e delle proprie emozioni, sperimentando che si tratta di contenuti mentali transitori e non di “verità” o “realtà”: numerosi studi dimostrano, infatti, come sia gli episodi depressivi sia i tentativi di suicidio siano sempre meno legati a eventi esterni e causati, invece, dall’insorgere delle “ruminazioni” mentali.

In secondo luogo, gli interventi di mindfulness riducono la tendenza della mente a evitare o sopprimere i contenuti mentali spiacevoli. Tale predisposizione, infatti, sebbene nel breve termine produca una riduzione della sofferenza, nel lungo termine tende a far precipitare l’individuo in stati emotivi molto più spiacevoli di quelli precedentemente evitati. La mindfulness favorisce, invece, una maggiore capacità di stare in contatto con l’esperienza del momento presente, qualunque essa sia.
In terzo luogo, si riduce la “reattività cognitiva” che attua schemi di pensiero e emozioni negativi agli stimoli spiacevoli: gli individui con più alta reattività cognitiva, infatti, hanno una maggiore probabilità di percepire come ingestibili e intollerabili le emozioni spiacevoli e vedono con maggiore facilità nel suicidio una possibile via di fuga da tali emozioni, rispetto a quelli con più bassa reattività che tendono a percepire queste emozioni come non disturbanti, gestibili e tollerabili.
In ultimo, gli interventi di mindfulness aumentano l’attitudine dei partecipanti a rivolgersi a se stessi e alle proprie esperienze con un atteggiamento più accettante, gentile e autocompassionevole.

 

Per approfondimenti:

Antonella Rainone et al. “Il fenomeno del suicidio: epidemiologia e definizioni”; Cognitivismo clinico (2014) 11, 2, 169-184.

Chiesa A. “Mindfulness e suicidio: come le pratiche di consapevolezza possono aiutare a ridurre i comportamenti suicidari”; Manuale di suicidologia (2015), 535-550; a cura di Maurizio Pompili e Paolo Girardi. Pacini Editore, Pisa

Chiesa, A. (2011). “Gli interventi basati sulla mindfulness”. Giovanni Fioriti editore, Roma.

 

 

 

 

 

 

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