La family connections per aiutare chi è affetto da disturbo borderline

di Elisabetta Pizzi

Nato negli Stati Uniti e diffuso in 19 Paesi tra cui l’Italia, il programma informa e sostiene i familiari delle persone con problemi di regolazione delle emozioni

Il disturbo borderline di personalità (DBP) è un disturbo del sistema emotivo: chi presenta questa diagnosi ha una difficoltà biologica a regolare le proprie emozioni e mostra delle risposte emotive molto intense, anche per motivi apparentemente poco importanti. Alcune volte, la reattività emotiva può essere così esplosiva da determinare delle vere e proprie aggressioni verbali e fisiche nei confronti di altri o da spingere le persone ad attuare seri comportamenti autodistruttivi, come tagli, bruciature sul corpo, uso di alcol e droghe, abuso di psicofarmaci e tentativi di suicidio. I familiari di persone con DBP raccontano spesso di sentirsi impotenti e inadatti ad aiutare il proprio caro e oscillano frequentemente da stati di colpa a stati di disperazione, dalla paura di dire “parole sbagliate” al terrore che possa succedere qualcosa di irreparabile, dalla depressione alla rabbia per essere stati attaccati ingiustamente e colpevolizzati. “Infragiliti” dal carico di stress emotivo, rischiano, inoltre, di attuare senza rendersene conto una serie di azioni che possono aumentare i comportamenti disfunzionali della persona con DBP. family connectionPer questo motivo, un gruppo di familiari, con l’aiuto di alcuni clinici esperti, tra cui Perry Hoffman e Alan Furzetti della NEABPD (National Education Alliance for Borderline Personality Disorder) hanno progettato una rete di supporto che prende il nome di “family connections” (FC). Nata negli Stati Uniti e ora diffusa 19 Paesi, tra cui l’Italia, questa rete di volontari ha lo scopo di diffondere un protocollo di psicoeducazione per parenti e amici di persone con DBP: articolato in 12 incontri, il programma di family connections ha primariamente l’obiettivo di aiutare il familiare a raggiungere il proprio equilibrio interiore e, solo successivamente, di favorire il sostegno psicologico del proprio caro. “Non è egoismo. – spiegano gli autori di FC, nel manuale dedicato – Proprio come sugli aerei, questo corso aiuta a capire come indossare la maschera per l’ossigeno prima di aiutare gli altri!”.

Il programma di FC si compone di due parti. La prima è psico-educazionale e fornice una serie di dati e informazioni sul DBP e sulle terapie scientifiche più recenti per la cura di questo disturbo. La seconda parte è pratico-esperenziale e insegna ai familiari una serie di sistemi per la gestone della relazione con il parente in difficoltà. Queste strategie, definite “abilità”, sono delle “procedure di ragionamento” tratte dallo skills training della Dialectical Behavior Therapy (DBT) di Marsha Linehan, uno dei trattamenti scientifici per la cura del DBP più studiati e diffusi nel mondo.
Le abilità insegnate dai conduttori del gruppo hanno varie finalità. Ci sono abilità per la regolazione delle proprie emozioni, abilità di tolleranza della sofferenza-angoscia, per sviluppare l’accettazione e l’accoglienza delle difficoltà del proprio figlio/amico/partner, abilità di mindfulness, per aumentare la capacità di essere presenti nella relazione e di comprendere l’altro senza giudicarlo, e abilità di efficacia interpersonale, per instaurare relazioni più intime e stabili con il proprio caro.
Anche l’approccio di family connections, come la DBT, si basa sul bilanciamento tra accettazione e cambiamento e tra i differenti punti di vista all’interno di una relazione e incoraggia lo sviluppo di un ambiente familiare caratterizzato dall’accoglienza, dalla comprensione reciproca e dal non giudizio. La famiglia diventa dunque un “posto sicuro” e, allo stesso tempo, un facilitatore del processo di cura della persona affetta da DBP, in quanto promuove, incoraggia e supporta lo sviluppo di comportamenti emotivamente più regolati, nel rispetto del modo e dei tempi in cui  “lui” o “lei” vogliono e possono cambiare. La ricerca evidenzia che questi programmi presentano esiti favorevoli sia per le persone con disturbo borderline, in cui sembra diminuire il tasso di ricaduta, sia per i familiari, nei quali è ridotta la depressione, lo stress e la sensazione di carico.

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