“Tutta colpa della TV!”. Il falso mito della modella nell’Anoressia Nervosa

di Rocco Luca Cimmino

La normalizzazione di corpi statuari da parte dei mass media sembrerebbe un falso mito: nati prima della tv, i disturbi alimentari spesso dipendono da disagi all’interno del nucleo familiare

L’estate è alle porte e se l’insolito bollettino meteo può disorientarci, i media ci ricordano che le distanze si accorciano. Ebbene sì, l’appuntamento con il due pezzi è dietro l’angolo e le aspettative sono tante: pancia piatta, vita stretta, gambe snelle e toniche immuni alle umane imperfezioni. Questo lo status da raggiungere per il prossimo mese, lo stesso che ci viene propinato dai media che non desistono minimamente dal definire e normalizzare corpi statuari da ammirare, desiderare e a cui ambire (a volte, a tutti i costi). Pena l’Anoressia Nervosa, direbbe qualcuno. Nel senso comune, infatti, fa eco un saldo rapporto di causa ed effetto tra il ruolo esercitato dai mass media e tale disturbo alimentare: “Tutta colpa della TV!”, si dice. Il patinato ideale di magrezza diventa sinonimo di bellezza e dà valore alla persona tanto da diventare uno status da raggiungere, quello della “modella”. Non è un caso che in alcuni Paesi abbiano adottato delle misure di sicurezza per contrastare la magrezza eccessiva esibita nei perfetti corpi “photoshoppati” delle modelle. In Francia, ad esempio, si è resa obbligatoria la dicitura “foto ritoccata” sulle copertine e sui manifesti modificati.
Ma è davvero cosi influente il ruolo dei media sull’Anoressia Nervosa? Essendo ribattezzata come la malattia del XX secolo, la risposta verrebbe da sé. Ma volgendo lo sguardo al passato, quando dei media non vi era traccia alcuna, si troveranno inaspettati casi di anoressia. Risalgono proprio al Medioevo i digiuni e le mistificazioni del corpo finalizzate a raggiungere la purezza: è il caso delle “sante anoressiche” come Santa Caterina da Siena, che si “cibava” solo di eucarestia cosi da purificarsi da ogni peccato. Figlia di un contesto socioculturale offlimits per le donne, Caterina visse un rapporto conflittuale con la propri familiari e con le loro aspettative, alle quali rispondeva con il bisogno di autonomia. In tal senso, la “santa anoressia” si delineava come l’unico mezzo per riappropriarsi di se stessa ed uscire da un destino segnato dal volere della famiglia.

A confermare che il disturbo non dipenda dalla tv sono studi recenti che documentano casi di persone affette da cecità congenita con diagnosi di anoressia. Più che a causa dei media, insomma, l’Anoressia Nervosa nasce a partire da un disagio interiore: “L’unico modo per avere la gestione della mia vita e affermare la mia autonomia è esercitare un controllo sull’assunzione di cibo” oppure “Sono padrona di me solo se riesco a controllare il mio peso e le mie forme corporee” sono, ad esempio, due pensieri comuni nelle persone con anoressia che esprimono un bisogno di autonomia e indipendenza rispetto alla propria famiglia, la ricerca di un senso di autoefficacia che passa per il cibo, attraverso il controllo di istinti potenti come la fame.

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