“Aiuto! Mio figlio ha il Disturbo Ossessivo Compulsivo!”

di Teresa Cosentino

Come prendersi cura del familiare per ridurre gli effetti deleteri delle sue risposte ai sintomi del paziente

“Non posso restare a guardare mio figlio che compie i suoi lavaggi quotidiani senza fare nulla: se io non intervenissi, le sue docce serali potrebbero durare anche 50-60 minuti… S’insapona e si risciacqua infinite volte, mentre il suo nervosismo sale assieme alla mia rabbia e preoccupazione! Penso a come si stia rovinando la pelle con quei saponi aggressivi, al tempo che perde, all’acqua e alla corrente elettrica che consuma! Gli dico di smettere, che i lavaggi effettuati sono sufficienti, che è da deficienti lavarsi per tutto quel tempo… Ma niente di quello che gli dico funziona, è come se fosse in un’altra dimensione, neanche mi sente! Così riempio una bacinella di acqua gelata e gliela butto addosso. Questo lo fa arrabbiare ma almeno esce dalla doccia!”. È quanto racconta Laura nel descrivere il suo timore di fronte al Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) di suo figlio Marco.
“Sono stanco e arrabbiato, non ne posso più dei continui dubbi di mia moglie circa la sua fedeltà nei miei confronti e i suoi presunti tradimenti, il suo timore di aver concepito nostro figlio con un altro uomo…. Provo a rassicurarla, mi sono anche sottoposto, come lei mi ha chiesto, al test del DNA per ben due volte…. Niente sembra bastare! Sul momento sembra rasserenarsi ma poco dopo i dubbi, la sua ansia, l’angoscia ritornano! I suoi pensieri, le sue richieste sono illogiche, assurde. È una persona intelligente, come può dare retta a questi pensieri? Perde il senso della realtà”. Sono le parole di Daniele, marito di Claudia, affetta da Disturbo Ossessivo Compulsivo da relazione.
Il DOC è una condizione clinica caratterizzata da ossessioni, pensieri, impulsi o immagini angosciosi e ricorrenti percepiti dalla persona come intrusivi e compulsioni, azioni mentali o comportamenti ripetitivi, messi in atto in risposta alle ossessioni per ridurre un disagio e prevenire eventi temuti. Tale disturbo, il più delle volte, si ripercuote anche sui familiari della persona che ne è affetta. Numerosi studi mostrano che la maggior parte dei familiari è coinvolta nella sintomatologia del paziente con modalità di risposta che oscillano lungo un continuum che va dall’accommodation (partecipare alle compulsioni, favorire l’“evitamento” di stimoli ansiogeni, procurare il materiale per le compulsioni, fornire rassicurazioni, modificare le abitudini familiari, ecc.), come nel caso di Daniele, all’antagonismo (interrompere o impedire con la forza le compulsioni, esporre in maniera traumatica agli stimoli ansiogeni, criticare, deridere, umiliare il paziente per il suo disturbo), come nel caso di Laura.
Dati clinici e di ricerca, tuttavia, dimostrano che tali modalità di risposta dei familiari – pur rispondendo a nobili fini quali alleviare l’ansia del paziente, abbreviare i suoi rituali, ridurre e contenere le manifestazioni del disturbo – nel tempo contribuiscono, in diversi modi, a mantenere e aggravare la sintomatologia ossessiva. Sia l’accommodation che l’antagonismo dei familiari predicono una maggiore gravità della sintomatologia ossessiva, una peggiore risposta terapeutica sia ai trattamenti farmacologici sia a quelli cognitivo-comportamentali, una più alta percentuale di drop-out (fuga del paziente dal terapeuta o dal trattamento) e più frequenti e gravi ricadute nel lungo termine. Da ciò deriva la necessità di prevedere e mettere in campo interventi psico-educativi indirizzati ai familiari dei pazienti ossessivo-compulsivi che li aiutino a comprendere la sintomatologia del proprio caro, a rivedere le credenze disfunzionali che intrattengono nei confronti del DOC e del paziente che ne è affetto, a comprendere gli effetti delle loro risposte nel mantenimento del disturbo e, infine, a costruire modalità di fronteggiamento più efficaci e al contempo rispettose del paziente.

 

Per approfondimenti:

A.M. Saliani, T. Cosentino, B. Barcaccia, F. Mancini (2016), “Il ruolo dei familiari nel mantenimento del DOC: psicoeducazione e psicoterapia”. In Mancini F. (a cura di), La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo-compulsivo. Raffaello Cortina Editore.

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