Come “disarmare” il paziente narcisista? L'approccio della Schema Therapy secondo Wendy Behary

di Alessandra Mancini 

Come disarmare il narcisista? Lo ha spiegato con americano pragmatismo Wendy Behary durante un seminario tenutosi nella cittadina tedesca di Mainz lo scorso 17 Giugno. Behary è una psicoterapeuta di esperienza ventennale, è fondatrice del Centro di Terapia Cognitiva e dell’Istituto di Schema Therapy nel New Jersey ed è stata presidente della Società Internazionale di Schema Therapy dal 2010 al 2014. E’ specializzata nel trattamento dei disturbi di personalità, in particolare quello narcisistico. Di seguito sono riportati alcuni spunti interessanti, più o meno in ordine di comparsa all’interno dell’andamento della terapia.

Punto uno: conoscere i propri “bottoni”. 

Quale tipo di narcisista ci crea più difficoltà? L’aggressivo, il critico, il manipolatore, l’invadente, il presuntuoso? Oppure il lamentoso, il rigido, il rassegnato? E come reagiamo quando spinge proprio il bottone che ci dà più fastidio? Tendiamo a punirlo o a lasciarlo fare? Ci rassegniamo e glie la  diamo vinta oppure attacchiamo a nostra volta? Chiaramente stiamo parlando di mode di coping disfunzionali1 del paziente che attivano schemi maladattivi precoci2 del terapeuta che possono farlo scivolare in altrettanti mode. Poiché le combinazioni sono molteplici, dice Behary, è essenziale conoscere le proprie.

Punto due: far entrare l’adulto sano nella stanza.

Se abbiamo fatto il corso con Raffaella Calzoni, trainer e supervisore Schema Therapy (ST)3, sappiamo che gli schemi maladattivi precoci hanno origine dalla frustrazione durante l’infanzia di almeno uno dei cinque bisogni primari4 dell’essere umano. La frustrazione del bisogno di limiti realistici ed autocontrollo è frequente nel narcisista. Non ci stupiamo perciò se per lui o lei sia scontato esprimere le proprie pretese rispetto a vari ed eventuali aspetti della terapia o del terapeuta stesso. Come già menzionato questo potrebbe attivare gli schemi del terapeuta e farlo scivolare nel mode del bambino vulnerabile. Tuttavia, in ognuno di noi c’è anche un adulto sano in grado di venire incontro sia ai nostri bisogni, che a quelli dei nostri pazienti. È l’adulto sano che deve essere presente nella stanza assieme al paziente e stabilire i limiti di cui ha bisogno. Perciò mandiamo il nostro bambino fuori a giocare!

Punto tre: regole sì ma anche empatia.

È probabile che l’adulto con le sopracciglia aggrottate e l’aria minacciosa (o annoiata, scettica,ecc.,ecc.) che ci siede di fronte non susciti in noi la minima empatia; abbiamo forse sbagliato mestiere?  Behary suggerisce di provare a “sovrapporre” la faccia  del paziente alla faccetta del bambino che il paziente è stato. Non diventerà più simpatico ai nostri occhi ma svilupperemo l’empatia necessaria ad entrare in relazione con lui o lei, perché nonostante egli o ella insista di aver avuto un’infanzia “normale” o “tranquilla” o addirittura “felice”, è probabile che invece essa sia stata caratterizzata da deprivazione emotiva, solitudine, mancanza di empatia, approvazione condizionata (alle prestazioni) ipercriticismo, esclusione sociale e  manipolazione e non solo dalla mancanza di limiti. Secondo Behary è utile chiedere al paziente di portare delle foto della propria infanzia; consentiranno a paziente e terapeuta di raccogliere prove e stimolare percetti e memorie e faciliteranno l’identificazione degli schemi maladattivi che si sono formati precocemente nella sua infanzia. Questo lavoro, sottolinea  Behary, può velocizzare il processo che porta alla tecnica centrale della ST, l’Imagery with rescripting.

Punto quattro: il protettore distaccato e altri animali.

Prima di arrivare all’imagery, Behary ci mette in guardia contro alcuni ostacoli da non sottovalutare; primo fra tutti la frequente mancanza di compliance. Il paziente narcisista non vuole venire in terapia. Lo fa perché costretto, dalla moglie o dal datore di lavoro, a volte dal tribunale e anche se ci trovassimo difronte al tipo più istrionicamente sofferente o al covert apparentemente più modesto, non ci illudiamo non ci affiderà la sua reale esperienza emotiva senza lottare. A guardia di emozioni e desideri siede impassibile il protettore distaccato,  uno dei mode più ricorrenti nei pazienti narcisisti; la parte del paziente che tiene lontani i vissuti di profonda inadeguatezza e vergogna dati dal fatto stesso di provare emozioni e di avere dei bisogni. Behary suggerisce di essere persistent(i) poiché le origini stesse del protettore distaccato possono essere rivelate al paziente e al terapeuta tramite l’Imagery .

Punto cinque: prima alleviare la sofferenza e poi aiutare a cambiare i comportamenti, ovvero l’Imagery with rescripting.

L’Imagery è la tecnica cardine della ST, ma perché? Qual è esattamente la sua funzione? Non basta fornire al paziente – tramite il mode work – delle valide alternative comportamentali? Behary sostiene di no perché lo scopo della ST è quello di venire incontro ai bisogni insoddisfatti del paziente e il paziente narcisista semplicemente non sa che ciò è possibile, perciò è necessario che ne faccia esperienza utilizzando i propri sensi (e l’immaginazione simula la percezione). L’immaginazione usa il corpo come macchina del tempo e riporta il paziente indietro, consentendogli di entrare in contatto con le emozioni del bambino vulnerabile e solo che è stato e dando all’adulto funzionale la possibilità di cambiare le cose. La stessa Imagery e la sensazione di alleviata sofferenza aumentano la motivazione promuovendo il cambiamento.

Punto sei: il cambiamento comportamentale nella relazione

Secondo Behary la terapia con il paziente narcisista  è una terapia della relazione. I mode di coping disfunzionale impediscono al paziente narcisista di vivere delle relazioni autentiche. I più frequenti nel narcisista sono l’ipercompensatore che tenta di ovviare alla solitudine e alla mancanza di senso con l’autostimolazione e il compiacente, che tenta ad esempio di attirare l’attenzione e l’approvazione altrui narrando le proprie imprese, spesso con il risultato paradossale di annoiare o disgustare l’altro, oppure di circondarsi solo di approfittatori e di yes men.

Per Behary, gli obbiettivi principali del mode work con il paziente narcisista sono quelli di aiutare il bambino solo del paziente a sentirsi accudito e capito e di comprendere che la relazione si basa sulla reciprocità. Il confronto empatico con l’ipercompensatore, il protettore distaccato e con il compiacente e la tecnica delle sedie (che appartiene alla psicologia della Gestalt)  sono utili strumenti. Inoltre, Behary ha ribadito l’importanza dei promemoria vocali poiché  la voce del terapeuta, agendo come oggetto transazionale, fornisce un valido aiuto al riconoscimento dei mode al difuori delle sedute mantenendo l’azione confortante della relazione terapeutica.

Conclusioni

Questi sono i punti che mi sono rimasti più impressi ma devo dire che la cosa che ho apprezzato maggiormente in Wendy Behary è l’atteggiamento paziente e umano e per nulla moralista con cui li ha espressi. Proprio come un bravo genitore! Speriamo di riascoltarla presto…chissà magari proprio in Italia!       

Note a margine      

1 Mode di coping disfunzionali : In generale un “mode” è l’insieme di schemi e relative operazioni (adattive o maladattive) attivi in un individuo in un determinato momento. Un mode disfunzionale entra in gioco quando determinati schemi o risposte di coping maladattivi emergono sottoforma di emozioni negative, risposte di evitamento, comportamenti autodistruttivi che influenzano la risposta dell’individuo e ne determinano il funzionamento cognitivo e comportamentale.

2 Schemi maladattivi precoci : secondo la definizione di Young gli schemi maladattivi precoci sono strutture emotive e cognitive disfunzionali, che si consolidano durante le prime fasi dello sviluppo e si mantengono per tutta la vita.

3 Schema Therapy (ST): Sviluppata da Young (1990-1999), la ST consiste in un modello teorico e un approccio terapeutico che integra ed amplia la CBT, prendendo spunto da diversi altri modelli teorici, quali la teoria dell’attaccamento, la teoria costruttivista, la scuola psicoanalitica e quella della Gestalt. La ST è rivolta al trattamento dei pazienti affetti da problematiche psicologiche ben radicate, i cosiddetti pazienti difficili da trattare. Evidenze cliniche dimostrano la sua efficacia nel trattamento dei disturbi di personalità e per quei tratti patologici della personalità che spesso costituiscono un fattore di mantenimento della sintomatologia di Asse I.

4 Bisogni primari fondamentali : legami stabili con gli altri (bisogno di protezione, stabilità, cura e accettazione); autonomia, senso di competenza e identità; libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali; spontaneità e gioco; limiti realistici ed autocontrollo.

Bibliografia

Young; J.E.; Klosko, J.S.; Weishaar M.E. (2003). Schema Therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Edizione italiana a cura di A.Carrozza, N. Marsigli e G. Melli. Eclipsi Editore.

Behary, W.T. (2012). Disarmare il narcisista. Sopravvivi all’egocentrico e migliora la tua vita. Istituto di Scienze Cognitive Editore.

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