Dire frequentemente menzogne può diventare un automatismo tanto da ridurre la fatica nel nascondere la verità restando coerenti e credibili
Van Bockstaele e altri esperti nel campo dello studio del mentire hanno a lungo sostenuto che l’inganno è accompagnato da un aumento del carico cognitivo. Ci sono diversi motivi per ritenere che possa esserci un aumento della fatica mentale quando si mente. Per mentire, infatti, i bugiardi devono: monitorare le reazioni del partner dell’interazione, assicurarsi che la loro storia rimanga coerente e che sia credibile, devono controllare i comportamenti che possono fungere da segnale di menzogne o di stress e inibire o nascondere la verità. Diversi studi di neuroimaging hanno fornito prove in linea con questa idea, mostrando che le regioni cerebrali prefrontali che sono coinvolte nel controllo cognitivo (vale a dire, il cingolato anteriore, prefrontale dorsolaterale e le regioni frontale inferiore) sono più attive quando i partecipanti stanno mentendo. L’alta l’attivazione di queste regioni del cervello, coinvolte nel controllo cognitivo, suggerisce che gli individui che mentono sono impegnati in un compito cognitivo molto laborioso. Benché sia generalmente accettato che chi mente ha un costo cognitivo e chi dice la verità no, c’è meno accordo su un’ulteriore questione: se questo costo cognitivo sia invariabile o invece modificabile attraverso la pratica.
Per esempio, considerando i bugiardi patologici, può essere intuitivo pensare che queste persone, mentendo così spesso, possano, in un certo senso, allenarsi fino a migliorare sempre di più la prestazione. L’atto del mentire diventa così un automatismo piuttosto che un’eccezione e alla fine queste persone non devono poi faticare così tanto a dire una bugia. Ci si può dunque aspettare che queste persone sperimentino meno difficoltà cognitive con la pratica di dire menzogne, come può accadere, ad esempio, nei sospetti criminali che affrontano molti interrogatori o nelle persone che hanno detto le stesse bugie così spesso che finiscono per ritenere che siano la verità. Van Bockstaele e colleghi hanno sottoposto a verifica questa ipotesi, nello specifico hanno voluto identificare se, con la pratica, i costi cognitivi del mentire diminuissero. Per questo hanno sottoposto 42 persone a un protocollo di valutazione che prevedeva una fase di training alla menzogna e una fase di verifica. I risultati hanno mostrato che mentire risultava più difficile e faticoso durante la fase di training mentre, nella fase di verifica, mentire era diventato molto più semplice. Come tutti gli apprendimenti, dunque, dopo una fase di prova, la prestazione migliora la pratica, anche per il mentire.
Per approfondimenti:
Van Bockstaele B. Verschuere B. e colleghi. 2012. Learning to lie: effects of practice on the cognitive cost of Lying. Frontiers in psychology