Quando la memoria recupera informazioni in modo apparentemente improvviso e sorprendente
Capita a tutti di avere un ricordo improvviso mente si è impegnati in un’attività, una memoria che irrompe senza preavviso e che sembra completamente slacciata dal contesto contingente: tale fenomeno, che può essere più o meno consapevole nelle persone, si chiama “mind-pops”. La ricercatrice Lia Kvavilashvili è stata tra le prime a indagare sul meccanismo di ricordo improvviso e a metterne in evidenza il legame con un’attivazione semantica, cioè l’uso di una forma di memoria a lungo termine che racchiude tutte le conoscenze generali di un individuo (es. il prezzo del carburante, la vita di Napoleone, etc.).
Il mind-pops si presenta prevalentemente sotto forma di parole o frasi e meno frequentemente come immagini visive e musica, avviene quasi sempre quando si è impegnati in attività quotidiane abituali che richiedono poche risorse attentive (es. fare colazione, lavare i piatti) ed è spesso collegato ad argomenti, ambienti fisici, suoni o immagini, elaborate nei giorni precedenti.
È necessario, però, differenziare il mind-pops da altri fenomeni come i pensieri automatici, che invece si attivano quando, ad esempio, una persona pensa di aver fatto qualcosa di sconveniente perché un amico, camminando lungo la strada, non risponde al suo saluto e tira dritto. Va differenziato anche dai pensieri intrusivi, come quello di una persona ossessiva che, mentre sta parlando con un vigile urbano, ha l’immagine di strappargli via il capello e prova forte stress emotivo.
Una questione importante emersa negli studi di Kvavilashvili riguarda la frequenza e la prevalenza dei mind-pops in persone con un disturbo psicopatologico. Depressione, disturbo post-traumatico da stress, disturbo ossessivo-compulsivo sono spesso caratterizzati, infatti, da ricordi intrusivi, immagini di eventi traumatici, pensieri negativi-ripetitivi e compulsioni, ed è possibile che i pazienti sperimentino anche dei mind-pops più frequentemente di popolazioni non-cliniche. La ricercatrice si è concentrata, in particolare, sulla somiglianza con i fenomeni allucinativi, come avviene, ad esempio, nella schizofrenia: in questo disturbo, le intrusioni cognitive prendono forma di allucinazioni uditive e visive che sembrano non essere molto dissimili dal mind-pops, sia per il loro carattere automatico sia per il loro contenuto. Da un punto di vista evolutivo, questa forma di pensiero ha certamente una sua funzione utilitaristica: tramite l’attivazione semantica nella memoria, rimangono attive molte informazioni che poi creano nodi concettuali facilitando l’elaborazione delle informazioni. Se da un lato può portare ad una maggiore efficienza di ragionamento e migliorare la creatività di alcune persone, dall’altro, però, in soggetti con problemi psicologici, può acuire lo stress emotivo.
Per approfondimenti:
Elua, I., Laws, K., and Kvavilashvili, L.. (2012). From mind-pops to hallucinations? A study of involuntary semantic memories in schizophrenia. Psychiatry Research. V. 196 (2), Pgs. 165-170.
Kvavilashvilia, L., and Mandler, G. (2004). Out of one’s mind: A study of involuntary semantic memories. Paper shared by author in personal correspondence.