di Gruppo M* (IV anno), SPC Grosseto
Da qualche anno ormai si sente molto parlare di mindfulness in contesti scientifici e non: si va da congressi internazionali e pubblicazioni scientifiche su riviste con alto impact factor alla copertina di Time nel 2014, che parla della “rivoluzione mindful”. Nel campo della psicologia in particolare si è assistito a una sua considerevole diffusione in diversi ambiti, dalla promozione del benessere alla riduzione dello stress, e al suo utilizzo per il trattamento di diversi disturbi mentali. Jon Kabat-Zinn ha definito la mindfulness come la capacità di prestare attenzione al momento presente in modo consapevole e senza giudicare l’esperienza che si sta vivendo. Il termine “mindfulness”, infatti, sta per “consapevolezza”, o “attenzione consapevole”, e l’applicazione della mindfulness in psicoterapia implica proprio il divenire consapevoli di ciò che sta accadendo dentro di noi (pensieri, emozioni, sensazioni), ma anche intorno a noi, e il riportare l’attenzione all’oggetto di osservazione prescelto. Nella pratica del respiro il flusso dell’aria, nel body scan le diverse parti del corpo.
La maggior parte di queste considerazioni sono note agli psicologi e agli psicoterapeuti, proprio per la grande diffusione di terapie basate sulla mindfulness. Ma praticare è tutta un’altra cosa da sapere o conoscere delle nozioni.
Pertanto in una delle nostre ultime lezioni da specializzandi, tenutasi pochi giorni fa presso la sede della scuola SPC di Grosseto, abbiamo avuto modo di apprendere ed allenare le abilità mindful. Presi per mano e guidati con gentilezza dalla dott.ssa Barbara Barcaccia ci siamo immersi nelle pratiche di consapevolezza utilizzate nei percorsi MBSR (mindfulness-based stress reduction) e MBCT (mindfulness-based cognitive therapy) e abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare una vasta gamma di emozioni, sensazioni e pensieri: il senso di stabilità e radicamento, ma anche il disagio nel lasciar andare un pensiero, l’irrequietezza, la difficoltà di non seguire un impulso. Le parti del nostro corpo sono risultate nuove eppure erano quelle di sempre, siamo sicuri che fossero da sempre lì…, eppure siamo rimasti sorpresi di non conoscerli così come credevamo. Essere mindful è più difficile di quello che sembra. Per alcuni la sensazione è stata quella di scomporsi per poi ricostruirsi come pezzi di puzzle da studiare uno a uno. Per non parlare dello sforzo enorme che abbiamo fatto per non schiacciare, masticare o, per altri, sputare uno dei frutti più piccoli che ci può capitare di avere in cucina: l’uva passa! Come “marziani“ l’abbiamo annusata, toccata, ascoltata, osservata, e dimenticato i pregiudizi, permettendoci di sperimentarne la consistenza sotto la lingua, il sapore che esplode in bocca e che poi termina in un attimo. A seguire l’esperienza del pasto consapevole ci ha incuriositi ancora di più quando masticare è diventato un movimento incerto e scoordinato e l’insalata di farro ha smesso di essere un impasto di una sostanza gustosa ma un insieme di piccoli semini. Lo stomaco si ribella. L’impulso è di porre fine al brontolio o alla salivazione. Ecco la voce di sensazioni che preferiamo mettere a tacere subito, sembrano quasi intollerabili, ma se invece proviamo a lasciarle lì e a osservarle, poi diventano le nostre compagne del momento presente.
Misurarci in tutto questo ci ha fatto sentire con maggiore chiarezza le difficoltà che i nostri pazienti incontrano quando, in terapia, cerchiamo di aiutarli nel percorso di accettazione dei propri eventi interni, affinché non siano “guidati”, nei propri comportamenti, da pensieri, sensazioni o impulsi: anche per noi “lasciar andare” e non giudicare l’esperienza, non è sempre facile!
* Gruppo M
Francesca Berti, Carlotta Bertini, Roberto Ceria, Martina Colombari, Elisabetta Cristini, Alessio Dragone, Giordana Ercolani, Paolo Fabrizi, Elisa Franchi, Sara Manciulli, Micol Menconi, Virginia Peccianti, Angela Pietrosanti, Valeria Rossi, Irene Scamporrino, Sara Serafini, Selvaggia Sermattei.