Alcuni suggerimenti per non assecondarne i comportamenti e per migliorare il clima relazionale in casa
Il familiare della persona affetta da disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è spesso coinvolto nella sintomatologia del proprio caro. Oscilla tra atteggiamenti di accommodation (accondiscendenza) e di antagonismo, tra sentimenti di colpa e di rabbia, urgenza di fare qualcosa e senso di impotenza. Come aiutarlo? Cosa dovrebbe concretamente fare o non fare, dire o non dire il familiare per aiutare il proprio caro – e se stesso – nella quotidiana lotta imposta dal disturbo?
Ecco alcuni suggerimenti che, è utile precisarlo, non sostituiscono gli interventi terapeutici di cui possono giovarsi i pazienti e i loro familiari.
Primo: avere un’idea chiara di cosa sia il DOC. Fino a quando si considererà incomprensibili, folli, assurdi i pensieri e i comportamenti del proprio caro non lo si potrà aiutare e si precipiterà rapidamente insieme a lui in trappole interpersonali caratterizzate da pacche sulle spalle, piccole bugie, estenuanti discussioni, ricerca sterile di soluzioni, compiacenza, biasimo e colpevolizzazioni reciproche. Esistono siti internet specializzati che offrono informazioni aggiornate sul disturbo, articoli scientifici facilmente reperibili online, e libri di recente pubblicazione interamente dedicati alla descrizione e alla spiegazione del DOC. Si suggerisce, in particolare, la lettura del libro “La mente ossessiva” curato da Francesco Mancini.
Secondo: non accondiscendere alle richieste ossessive di rassicurazione del proprio caro (ad esempio: “Mi ripeti ancora una volta che non ho investito nessuno, lentamente e scandendo bene le sillabe?”).
Terzo: non aiutare il proprio caro nell’esecuzione delle compulsioni (ad esempio, disinfettando insieme a lui la maniglia della porta di casa).
Quarto: non sostituirsi al proprio caro allo scopo di evitargli le situazioni temute (ad esempio, fare la spesa per lui allo scopo di evitargli il contatto con i soldi).
Quinto: non consentire che regole e abitudini casalinghe vengano stravolte dai rituali e dagli “evitamenti” imposti dal DOC (ad esempio, rinunciare a invitare gente in casa allo scopo di evitare contaminazioni o cenare tutti a mezzanotte per consentire al proprio caro di terminare i rituali serali).
Sesto: non rimproverare il familiare e non forzarlo a bloccare bruscamente i rituali.
Settimo: imparare ad applicare quanto suggerito nei punti precedenti in modo fermo ma gentile.
Ottavo: motivare i propri comportamenti di contrasto all’attività ossessiva (ad esempio, “non laverò le mani come mi hai chiesto. So che così facendo proverai una forte ansia, ma se asseconderò questa richiesta contribuirò a mantenere e a rafforzare nel tempo il tuo disturbo).
Nono: accogliere empaticamente lo stato emotivo del proprio caro (ad esempio, comunicargli che si comprende la sua angoscia e la sua sofferenza quando non mette in atto i rituali).
Decimo: sostenere e incoraggiare il proprio caro a tollerare l’ansia provocata dalla rinuncia alla compulsione, fino alla sua scomparsa.
Seguire i suggerimenti appena proposti di certo non basterà a risolvere ogni problema nella relazione con il proprio caro affetto da DOC, né tanto meno basterà a guarirlo, ma potrà contribuire a non alimentare il suo disturbo e a migliorare nel tempo il clima relazionale in casa.
Per approfondimenti:
Saliani A.M., Cosentino T., Barcaccia B., Mancini F., (2016). Il ruolo dei familiari nel mantenimento del disturbo ossessivo-compulsivo: psicoeducazione e psicoterapia. In Mancini F. (a cura di) La mente ossessiva, Parte II, cap. XXI, Raffaello Cortina, Milano.