di Elisabetta Pizzi
Il rifiuto romantico può essere fonte di profondo dolore e, nei soggetti in cui sono già presenti patologie, peggiorarne lo stato psichico tanto da giungere ad atti di stalking, suicidi e omicidi
L’amore romantico è un naturale legame di dipendenza che si è evoluto da antecedenti mammiferi quattro milioni di anni fa, per promuovere la relazione di coppia e la riproduzione tra gli esseri umani.
Nessun’altra esperienza umana sembra incidere così tanto sulla vita delle persone come l’amore romantico. Ma cosa sappiamo riguardo l’amore? “Dopo trent’anni di studi clinici ed esperimenti abbiamo un fiume di conoscenze nuove sull’amore”, sostiene Sue Johnson, autrice di “Love sense”. E i ricercatori concordano: “una relazione romantica stabile è il pilastro assoluto della felicità e di un generale benessere degli esseri umani”.
Ma l’amore può avere anche un enorme impatto negativo sulla vita degli individui e sulla società.
Il rifiuto romantico, ad esempio, può essere fonte di profondo dolore e disperazione, far emergere disturbi depressivi e, nei soggetti in cui sono già presenti disturbi dell’umore, di personalità o altre patologie, peggiorarne lo stato psichico tanto da giungere ad atti di stalking, suicidi, omicidi e altri crimini. Anche la stessa “sensazione di amore” in alcuni casi può essere distruttiva. Nel suo famoso libro di autoaiuto, “Donne che amano troppo”, Robin Norwood racconta molte storie di donne che si sono ammalate fisicamente e mentalmente a causa di una sensazione di amore eccessivo nei confronti dei loro partner maltrattanti. L’autrice distingue questa forma di attaccamento dal “vero sentimento di amore”, basato invece sul volersi bene, sulla condivisione di valori e di progetti, sulla fiducia e sul rispetto reciproco. Come riconoscere questa forma di passione patologica? Robin Norwood fornisce una descrizione nelle prime pagine del suo libro: “Quando essere innamorati significa stare male, stiamo amando troppo. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di un’infanzia infelice, stiamo amando troppo. Quando mettiamo a repentaglio il nostro benessere, la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo”. “Chi ama troppo”, dunque, non ama davvero, ha invece una forma di dipendenza simile a quella da abuso di sostanze, chiamata “dipendenza affettiva” o “love addiction”, “codipendenza”, “dipendenza relazionale”.
L’analogia tra abuso di sostanze e sentimenti amorosi è confermata da numerosi studi effettuati con la neuroimmagine: Norwood ha quindi osservato clinicamente ciò che dopo trent’anni è stato evidenziato dalla scienza. In particolare, uno studio pubblicato sul Journal of Neurophysiology da Fisher e colleghi nel 2010 dimostra che le sensazioni di amore collegate al rifiuto attivano le stesse aree del cervello coinvolte nella dipendenza da cocaina. Altri ricercatori, invece, hanno osservato delle similitudini tra i comportamenti di persone con dipendenza da sostanze e quelli di chi era nella fase iniziale di un intenso amore romantico. In entrambi i gruppi erano presenti: euforia, difficoltà a tollerare il desiderio, dipendenza fisica, astinenza e ricadute.
Le sofferenze legate all’amore, inoltre, oggi, sono anche considerate un fenomeno sociale. Eva Illuz, una sociologa che insegna alla Hebrew University di Gerusalumme, in un libro dal titolo “Perché l’amore fa soffrire” pubblicato nel 2011, analizza la sofferenza romantica delle donne contemporanee. Secondo l’autrice, questo tipo di sofferenza è una condizione tipica dell’individuo contemporaneo: “narcisismo, incapacità di scegliere, fobia da impegno, tirannia della bellezza e della moda e assenza di regole sociali” sono solo alcuni dei mali sociali che affliggono l’uomo e che gli impediscono di istaurare legami duraturi.
Ad oggi non ci sono trattamenti scientifici ma la somiglianza neurale con le dipendenze da sostanza indica che presto si potrebbero studiare approcci terapeutici specifici anche per questo tipo di patologie.