“Il dolore è ancor più dolore se tace” Giovanni Pascoli
L’adolescenza è una fase di vita molto complicata che, come afferma la psicologa e psicoterapeuta Anna Rita Verardo, è caratterizzata da “cambiamenti che coinvolgono il corpo, la sessualità, l’identità e il modo di percepire sé e gli altri”. Non si è più bambini, ma neanche maturi. Il genitore viene spogliato dell’idealizzazione precedente e il ragazzo sente forti spinte all’autonomia, ma nello stesso tempo prova ancora un forte senso di bisogno e dipendenza verso i genitori. L’adolescenza rappresenta così un periodo pieno di contraddizioni, insicurezze, instabilità e spesso fragilità dell’identità. Per questo, l’adolescente è spesso rabbioso. Quella rabbia diffusa e improvvisa che il genitore è chiamato a fronteggiare quotidianamente e lo esaspera perché non la comprende, gli appare irrazionale e immotivata. In adolescenza, inoltre, la consapevolezza che sta emergendo fa comprendere appieno cosa sia la morte e per questo motivo la perdita di una persona cara, a maggior ragione se essa sia un genitore, incide notevolmente sullo sviluppo psicologico ed emotivo. “Nel caso del lutto, infatti, l’adolescente deve combinare il processo di cambiamento evolutivo con quello relativo alla perdita della persona cara”, aggiunge Verardo. Tale processo può risultare molto complicato e può creare scompensi, aumentando la fragilità e la vulnerabilità. Quando il lutto avviene in adolescenza, bisogna prestare molta attenzione ai segnali che i ragazzi esprimono non sempre esplicitamente. Si deve soprattutto gestire la rabbia, poiché appunto l’adolescente in lutto tenderà a mostrare più questa emozione che la tristezza. Se la rabbia non viene affrontata e gestita adeguatamente da una figura di riferimento, può portare “a comportamenti distruttivi indirizzati verso qualcuno in particolare: verso l’altro genitore, il personale medico, il destino, Dio, se stessi”. La rabbia e il senso di frustrazione spesso emergono per “l’impossibilità di dire addio alla persona morta, per non avere saputo la verità sulla morte, oppure per avere questioni irrisolte con il defunto”. Come nell’infanzia, così in adolescenza è altrettanto importante dire la verità sul lutto, attraverso una comunicazione sincera e fondata sul dialogo. I ragazzi vanno rassicurati che le emozioni che provano sono normali e comuni a tutte le persone. Si deve fare attenzione a non caricarlo di responsabilità, come dare supporto al fratellino o sorellina o al genitore rimasto, altrimenti gli si negherebbe la possibilità di esprimere il suo dolore. L’adolescente può provare vergogna perché si percepisce fragile e vulnerabile, ma anche ansia sentendosi abbandonato. Ulteriori reazioni comportamentali che possono manifestarsi sono: mancanza di energia, alterazione dello stato di sonno, disturbi dell’appetito, variabilità dell’umore, difficoltà di concentrazione e difficoltà scolastiche, ritiro sociale, ritiro scolastico, alternanza di lutto ad attività quotidiane e, a volte,“sollievo soprattutto in seguito ad una malattia grave o se il defunto era una persona violenta”.
In conclusione, fin dall’infanzia, non bisogna trattare la morte come un argomento tabù. Avvenuto il lutto, grazie a un dialogo aperto e sincero, si deve creare un contesto in cui si possano esprimere liberamente emozioni e pensieri. Bisogna cogliere i segnali spesso mascherati dalla rabbia. Infine, parlare del defunto fa bene, ad esempio ricordando episodi piacevoli, ciò che caratterizzava la persona, le cose che ha insegnato e l’affetto reciproco provato. In questo modo, nel corso del tempo le immagini dolorose, soprattutto se c’è stata una malattia e tanta sofferenza, verranno sostituite con ricordi più belli che daranno la forza nei giorni a venire, certo non possono cancellare il dolore, ma lo allevieranno.
Per approfondimenti:
R. Verardo Il lutto in infanzia e in adolescenza in Onofri A., La Rosa C. (2015) Il Lutto. Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR, Giovanni Fioriti Editore