di Mauro Giacomantonio
Gli effetti psicologici della consapevolezza della morte
Ci sono molte cose che differenziano l’uomo da un cane o un gatto. Una di queste è che l’essere umano può essere consapevole del fatto che un giorno morirà. L’animale, per sua fortuna, non ha questa possibilità. L’uomo è un vero esperto nel non pensare alla morte e, magari aiutato da qualche rito scaramantico, riesce, nella maggioranza dei casi, a sopprimere questo pensiero angosciante. Ma a volte non ha successo. Le notizie in televisione, gli eventi che capitano a un conoscente, un libro o un film possono mettere di fronte alla cruda verità.
Quali saranno le conseguenze in termini psicologici? La risposta è relativamente semplice: si prova uno stato di forte ansia che si cerca di risolvere guadagnandosi, almeno psicologicamente, un piccolo angolino di immortalità. E non è necessario ricorrere al delirio per farlo. Infatti, ci si può affidare e credere in gruppi o entità che molto probabilmente sopravvivranno per lungo tempo.
La ricerca ha mostrato, infatti, che quando il pensiero della morte è particolarmente saliente, si tende a condividere maggiormente la visione del mondo dominante nella propria cultura. Questo avviene perché consente di essere parte di qualcosa che precede e che, soprattutto, durerà oltre la propria vita.
Seguendo questo ragionamento, è stato anche dimostrato che la salienza della morte aumenta il sostegno per il proprio gruppo di appartenenza e la tendenza a entrare in conflitto con gruppi diversi.
Un altro dominio in cui si può ricercare una risposta è la famiglia e le relazioni d’amore che acquisiscono maggior senso e maggiore attrattività. Fare figli può sembrare ancora più importante quando si pensa alla propria morte e anche la religione può offrire una valida soluzione alle proprie angosce esistenziali.
La ricerca di senso e significato che può essere instillata da questi pensieri può anche approdare a comportamenti tesi a migliorare la propria autostima, come ad esempio curare il proprio aspetto, fare azioni ritenute particolarmente desiderabili dalla maggioranza delle persone, o comprare più beni materiali. Un elevato senso di valore personale aiuta, infatti, a superare l’ansia esistenziale facendo credere che si otterrà maggiore benevolenza anche dagli altri e quindi parte di qualcosa più grande di se stessi.
Perché è importante occuparsi di questo tema che potrebbe sembrare così secondario rispetto a questioni più concrete che quotidianamente complicano la vita? Prima di tutto, perché questi studi consentono di capire quali possono essere le reazioni psicologiche di intere comunità o società a fronte di eventi drammatici come, ad esempio, atti terroristici o terremoti. In secondo luogo, questa ricerca indica chiaramente in quali condizioni l’angoscia di morte può diventare particolarmente problematica per l’individuo. In particolare, quando tutte le contromisure sono inattive (bassa autostima, niente religione, niente relazioni intime o sociali) allora l’angoscia esistenziale può essere difficile da affrontare e può anche condurre a una perdita significativa di benessere.