di Giuseppe Romano e Andrea Gragnani
La scelta degli elementi endogeni o esogeni sui quali poniamo la nostra attenzione è guidata costantemente dalla rappresentazione (set attenzionale) di ciò che è rilevante per gli scopi attivi in un determinato momento. Tuttavia, l’attenzione può essere distolta da un obiettivo in presenza di uno stimolo con caratteristiche che lo rendono saliente (si pensi, ad esempio, allo squillo improvviso del cellulare mentre stiamo guardando un film). Ciò avviene ancora più facilmente per gli stimoli che suscitano reazioni emotive, poiché tendono a catturare l’attenzione in modo rapido e quindi a ricevere un’elaborazione preferenziale in virtù della loro importanza per il benessere dell’individuo.
A livello cerebrale, queste modulazioni attenzionali sono mediate in particolare dall’amigdala, che potenzia l’elaborazione degli stimoli a contenuto emozionale fin dagli stadi percettivi. Pertanto, quando vi sono stimoli distraenti che hanno significato emozionale, mantenere l’attenzione focalizzata su un compito è particolarmente difficile e impegnativo, in quanto implica “ignorare” un segnale che per sua natura è fatto per non essere ignorato!
In un recente studio, Petrucci e Pecchinenda (2016) hanno investigato quali condizioni e meccanismi favoriscono una efficiente attenzione selettiva in presenza di distrattori emozionali. L’ipotesi di partenza era che per risolvere il conflitto tra target e distrattori sia necessario l’intervento top-down dei meccanismi di controllo cognitivo, supportati dalla corteccia prefrontale e dalla corteccia cingolata anteriore. L’ipotesi è stata testata dagli autori utilizzando un compito sperimentale (flanker task) in cui i soggetti dovevano indicare la valenza affettiva (positiva/negativa) di uno stimolo target centrale (parole o volti), ignorando dei volti distrattori con espressione emozionale (arrabbiata/felice) o neutra che apparivano a destra o a sinistra del target. Il flanker task veniva svolto parallelamente ad un compito di conteggio ad alta voce mirato a impegnare le risorse di controllo cognitivo. La difficoltà del conteggio è stata variata in modo da imporre un basso carico (contare in avanti di 2 in 2) o un alto carico (contare all’indietro di 7 in 7) sul controllo cognitivo. I risultati hanno mostrato che mentre in condizioni di basso carico cognitivo i distrattori emozionali non hanno influito sul compito attenzionale, sotto alto carico sia i distrattori positivi che negativi hanno interferito con lo svolgimento del compito in misura maggiore rispetto a quelli neutri. Lo studio indica dunque che anche in soggetti sani dal punto di vista neuro-psicologico l’inibizione funzionale del controllo cognitivo, coinvolto oltre che nell’attenzione selettiva anche in altre operazioni di regolazione emotiva, porta ad una maggiore incapacità di contrastare l’allocazione dell’attenzione su stimoli emotivamente rilevanti ma incompatibili e dannosi per il perseguimento degli scopi dell’individuo. Le evidenze fornite sono in linea inoltre con l’osservazione che numerose condizioni psicopatologiche si associano a deficit di controllo cognitivo e ad una ridotta capacità di contrastare la distrazione emozionale. Ad esempio, nei disturbi d’ansia, nella depressione e nel disturbo ossessivo-compulsivo l’attenzione viene più facilmente catturata (attentional bias) e mantenuta (rimuginio) su stimoli negativi endogeni o esogeni, e le aree corticali frontali sono ipoattivate in risposta a distrattori emozionali.
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