La caduta. Paure in età neonatale

di Giuseppe Grossi

Come le emozioni sperimentate nei primi mesi di vita influiscono sulla la rappresentazione del sé

Diversi autori si sono occupati dei primi mesi di vita del neonato cercando di analizzare e individuare i fattori responsabili dello sviluppo cognitivo e affettivo del bambino. Tra questi, Winnicot, Ester Bick e Tustin hanno descritto una serie di paure, definendole “angosce arcaiche”. Si tratta di emozioni che hanno origine da alcuni eventi, sperimentati dal neonato nei primi sei-otto mesi di vita, che vengono vissuti dal bambino come minacce alla propria integrità e memorizzati a livello corporeo a causa di una organizzazione psichica non ancora adeguata. Tra le “angosce arcaiche”, la prima a essere sperimentata da ogni bambino è la “paura del crollo”. Fin dalle prime ore di vita, il neonato vive l’angoscia di caduta provocata sia dalla perdita del sostegno sperimentato all’interno del sacco uterino, sia dal peso da cui si sente schiacciato e spinto nel vuoto. Il cosiddetto riflesso di Moro ne è un esempio: il neonato, posto in una situazione in cui potrebbe cadere, reagisce con un riflesso di estensione brachiale verticale, come se cercasse di aggrapparsi ad un supporto che non c’è più.

Grazie a una buona qualità delle interazioni primarie, il bambino sarà in grado di contenere le sensazioni sgradevoli e i turbamenti espressi dal proprio corpo e attenuarli. Riuscirà, quindi, a superare lo stato di disagio e la “paura del crollo” attraverso la capacità della madre di avvolgere e sostenere il suo bambino. Anche queste interazioni saranno memorizzate a livello corporeo e il bambino potrà ricercarle e utilizzarle per rassicurarsi e raggiungere uno stato di benessere. A molti genitori sarà capitato che il bambino, difronte a un evento percepito come minaccioso perché carico di sensazioni per lui sgradevoli (ad esempio quando è stanco e cerca di addormentarsi o quando ha le coliche), pianga e si agiti tra le braccia, ricercando quella posizione che gli ha permesso di rassicurarsi.

Spesso la posizione cambia non solo tra bambini degli stessi genitori ma anche tra i genitori dello stesso bambino. Questo potrebbe far pensare che il bambino conservi delle memorie rispetto all’interazione tra lui e il genitore e tali memorie, corporee, sensoriali, relazionali, vengono ricercate quando è a contatto con esso, a seconda dell’evento e delle sensazioni che si trova a vivere (es. cambio del pannolino, allattamento, bagnetto, nanna, etc.). Se viene meno l’interazione con le figure genitoriali o se questa non è rassicurante, il bambino potrebbe continuare a percepire alcune sensazioni corporee come minacciose e la paura potrebbe impedirgli, non solo di rendere le sensazioni piano piano sempre più tollerabili fino ad appropriarsene, ma anche di limitare tutte le esperienze che le generano. Ciò potrebbe rappresentare l’inizio di una difficoltà di integrazione del bambino: vivrebbe alcune sensazioni del proprio corpo come estranee e lontane a sé, come qualcosa di minaccioso da cui non sa e non può difendersi, da cui vorrebbe scappare ma non può.

Alcuni bambini trovano una soluzione aggrappandosi a certi odori, soprattutto i loro odori corporei, a determinati suoni, ritmi, sorgenti luminose; si fissano, a livello sensoriale, su alcune sensazioni che saranno ricercate nei momenti in cui devono allontanare la paura di quelle percepite come intollerabili e minacciose. Altri bambini, invece, si abbandonano alla sofferenza e non utilizzano alcun canale per collegarsi al mondo esterno. Nel primo caso abbiamo dei bambini iper-motori, in cui l’instabilità e l’eccitazione motoria rappresentano la difesa nei confronti dell’“angoscia”. Nel secondo caso, abbiamo bambini inibiti che non agiscono se non in modo ripetitivo e meccanico, che reprimono le emozioni per proteggersi dallo stato di “angoscia”. Se i primi costruiscono la rappresentazione di sé su una dinamica attiva, nel secondo caso i bambini sviluppano la propria esistenza come legata al “non fare” e restano alla continua ricerca di sé.

Per approfondimenti:

Winnicott D.W. , Dalla pediatria alla psicoanalisi, Giunti, Firenze, 1998)

Winnicott D.W. Gioco e realtà, Armando, Roma, 1999

Bick E. (1968), The experience of the skin in early object relations, in J. Psichoanal.

Tustin F. (1989), Autismo e psicosi infantile, Armando, Roma, 1975

Anzieu D. l’io pelle, Borla, Roma, 1987

Aucouturier B., il metodo Aucouturier, Fantasmi di azione e pratica psicomotoria, Franco Angeli, 2005)

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