Il malfunzionamento prefrontale nel Disturbo Ossessivo Compulsivo e il mancato dialogo con la clinica
Una new entry nel panorama della letteratura scientifica si rifà a un recentissimo lavoro pubblicato su una prestigiosa rivista a opera di un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, i quali hanno messo in luce le basi neurali di una compromesso funzionamento cerebrale nel Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), implicato nella segnalazione di ciò che è sicuro e non minaccioso. L’abilità di segnalare come sicuro uno stimolo ambientale piuttosto che una situazione riveste una peculiare importanza nel funzionamento quotidiano dell’individuo e sottende al funzionamento di una particolare area del cervello, la corteccia prefrontale dorsolaterale ventromediale (CLPVM). Attraverso la risonanza magnetica funzionale e la conduttanza cutanea, lo psicologo dell’Università di Cambridge Annemieke Apergis-Schoute e alcuni suoi collaboratori hanno evidenziato un mancato funzionamento della CLPVM nel segnalare stimoli sicuri in pazienti con DOC. A tal fine, gli autori hanno sottoposto 43 pazienti ossessivi e 35 soggetti di controllo a un paradigma di controcondizionamento pavloviano a stimoli minacciosi. Nella fattispecie, ai partecipanti venivano presentati degli stimoli visivi ritraenti dei volti: il volto A e il volto B. Durante la fase di acquisizione, il volto A compariva al soggetto 24 volte, di cui otto volte era associato a una scossa. In tal modo, il volto A si connaturava come uno stimolo condizionato negativamente e pertanto minaccioso; il volto B, invece, non era mai seguito da una scossa, prefigurandosi come lo stimolo sicuro. Nella fase di controcondizionamento, gli appaiamenti tra gli stimoli facciali e la scossa sono stati capovolti. Attraverso la conduttanza cutanea, gli autori hanno rilevato come, limitatamente alla fase controcondizionamento (volto A sicuro vs volto B minaccioso), i soli pazienti con DOC fallivano nel discriminare la minacciosità dalla sicurezza. Dati di neuroimmagine, infatti, confermano un mancato aggiornamento al cambiamento delle contingenze di minaccia e sicurezza da parte della CPDVM. Questa zona cerebrale riveste l’importante ruolo nella regolazione emotiva, ponendosi come sede di integrazione fra informazioni di natura cognitiva e sensoriale o somatica che guidano la capacita di prendere decisioni e il comportamento dell’individuo in modo consono all’ambiente in cui si è inseriti. A detta degli autori, è un po’ come se i DOC, fallendo in termini di flessibilità e updating (aggiornamento) nell’apprendere la mutevolezza delle condizioni ambientali, faticherebbero a trovare beneficio dall’esposizione a uno stimolo temuto.
Così facendo, però, non si contempla l’importanza dei determinanti psicologici prossimi delle emozioni, dello stile di pensiero e delle condotte ossessive: si eclissa l’importanza degli scopi e delle credenze come determinanti prossimi della sintomatologia ossessiva, unitamente a esperienze negative che, nella storia del paziente con DOC, segnano la sua vulnerabilità storica al disturbo. In sostanza, non è fuorviante giungere a simili conclusioni partendo da evidenze risultanti esclusivamente dall’esposizione a stimoli minacciosi? Più che di malfunzionamento della corteccia prefrontale dorsolaterale non sarebbe forse opportuno contemplare nella discussione delle evidenze sperimentali la tendenza ossessiva, a focalizzare l’ipotesi di pericolo, a raccogliere dati congrui con tale ipotesi, la produzione di inferenze confirmatorie?
Per approfondimenti:
Apergis-Schoute AM Gillan CM, Fineberg NA, Fernandez-Egea E, Sahakian BJ, Robbins TW.”Neural basis of impaired safety signaling in Obsessive Compulsive Disorder” PNAS; 6 Mar 2017; DOI: 10.1073/pnas.1609194114.