“Pensavo fosse amore invece era un narcisista”

di Caterina Parisio

Mancanza di empatia e di senso morale nel funzionamento narcisistico

Narciso che trascura la seducente Eco per perdersi nella propria immagine accessibile solo ed esclusivamente a lui; Rembrandt che, nel corso della sua opera pittorica, ritrae se stesso circa ottanta volte, dipingendosi come borghese, come artista avvolto in abiti stravaganti o addirittura in quelli dell’apostolo Paolo. E poi ancora: James Gatz, meglio conosciuto come “Il grande Gatsby” e la sua storia d’amore con Daisy, interrotta più e più volte a causa della brama di successo e di denaro, nella convinzione che la sua amata sarebbe rimasta ad aspettarlo. Nel 2011, una ricerca condotta dal Pew Research Center ha mostrato come il 56% della popolazione americana sottragga circa dieci minuti al giorno alla relazione per cercare il proprio nome su Google: “egosurfing” lo chiamano, il narcisismo che si sfoga in rete.
Di narcisisti, si sa, è pieno il mondo. Però in alcuni casi la figura del narcisista è al centro dell’obiettivo. Personaggi brillanti, autocompiaciuti, dispensatori di sorrisi e battute spopolano, così come personaggi arroganti, invadenti e cinici. Va da sé che, il narcisismo patologico è questione ben diversa, la cui definizione richiede un’attenta analisi di ciò che c’è sotto la superficie apparentemente sfolgorante del personaggio.
Gatsby, ad esempio, rimane il prototipo dell’uomo solo: questo senso di solitudine nei narcisisti è difficile da gestire, rappresenta una ferita al proprio valore e come reazione difensiva porta a un senso esagerato della propria importanza, ad atteggiamenti superbi e arroganti, a pretese eccessive, ad aspettative irrealistiche nei confronti degli altri.
Gli autori che si sono occupati del disturbo adottano diversi approcci: alcuni notano che dietro una facciata arrogante, sprezzante, altezzosa, si cela un senso di fragilità, vulnerabilità e vuoto abissale. Altri autori osservano che un senso di vulnerabilità maschera la presenza di fantasie grandiose. C’è chi ne delinea diversi sottotipi: gli psicologi statunitensi Akthar e Thomson descrivono il tipo “overt-covert”. Nel tipo “overt” la grandiosità è manifesta, l’atteggiamento generale è di arroganza, disprezzo, senso di superiorità; nel tipo “covert”, invece, la grandiosità è vissuta in fantasia e prevalgono timore di umiliazione e vergogna. Gabbard denomina poi il sottotipoinconsapevole”, arrogante, incurante degli altri e il sottotipo “ipervigile”, chiuso, timido, sensibile alle minime ferite dell’autostima. Tra le manifestazioni del narcisismo patologico, va ricordata anche la sindrome del “narcisismo maligno”, descritta da Kernberg e caratterizzata da condotte antisociali, orientamento paranoideo e sadismo.
Ciò che generalmente i vari sottotipi condividono è la mancanza di empatia e di autentico interesse per gli altri, la mancanza di scopi esistenziali non inclusi nello smisurato amor proprio e la conseguente tendenza a stati di vuoto e noia.
La dinamica narcisistica può essere considerata un processo in cui un’idea grandiosa di sé protegge da un senso di vuoto e di mancanza di significato e dall’incombente minaccia di poter subire un’umiliazione. All’interno di questa dinamica, si palesa la difficoltà a pensare a scopi e desideri non inclusi nel sé grandioso, a comprendere la natura dei propri bisogni affettivi, e la tendenza ad assumere una posizione egocentrica, ad avere un disinteresse verso la posizione degli altri, che vengono visti in funzione dell’alimento che possono fornire all’idea grandiosa di sé.
L’interesse e la curiosità per gli altri, stati mentali che favoriscono una visione meno egocentrica, oltre a costituire le basi per una trattabilità in terapia, non sono anche caratteristiche minime da possedere affinché si possa essere scelti all’interno di una relazione stabile e valida?
In attesa dell’amato, di Eco rimasero solo ossa e voce e Narciso non ne fu affatto addolorato. Chissà cosa sarebbe accaduto se Eco avesse saputo prima la storia della mancanza di empatia e senso morale…

Per approfondimenti:
Giancarlo Dimaggio, Antonio Semerari (a cura di), I Disturbi di Personalità. Modelli e Trattamento, (2003), Ed. Laterza

Antonino Carcione, Giuseppe Nicolò, Antonio Semerari (a cura di), Curare i casi complessi, (2016), Ed. Laterza

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