L’importanza dell’Imagery rescripting per l’integrazione dei ricordi negativi nella rappresentazione di sé: uno studio pilota
L’imagery rescripting (ImRS) è una tecnica che si è mostrata efficace nel ridurre la pervasività delle immagini intrusive legate a ricordi di eventi negativi o traumatici. Dato che tali immagini sono spesso associate a credenze negative (es. “Sono un fallimento”), a emozioni negative come ansia e scoraggiamento e a comportamenti disfunzionali come l’autoinduzione del vomito nella bulimia, non stupisce che questa tecnica aiuti a ridurre i sintomi manifestati in una serie di disturbi come depressione, disturbo ossessivo compulsivo, fobia sociale, disturbo postraumatico e disturbi di personalità.
Tuttavia, i meccanismi cognitivi alla base di tali cambiamenti sono ancora oggetto di dibattito e solo di recente si è cercato di chiarire se e come il “riscrivere” un ricordo manipolando le immagini mentali incida sulla rappresentazione di sé.
Uno studio pilota, svolto su un campione non clinico di 39 partecipanti, ha dimostrato che non solo l’ImRS è in grado di diminuire la valenza negativa dei ricordi traumatici e l’ansia che ne deriva, ma anche che gli stessi ricordi vengono valutati come meno rilevanti per il senso di sé. In particolare, i risultati hanno mostrato un incremento nell’autostima di stato e nella tendenza a sperimentare emozioni positive, così come una diminuzione della forza delle credenze negative su di sé associate al ricordo.
Nonostante i limiti legati alla scarsa numerosità del campione e alla difficoltà intrinseca a “misurare” la rappresentazione di sé, questo studio rappresenta un primo tentativo di verificare empiricamente il collegamento funzionale tra sé e memoria ipoteticamente alla base dell’ImRS e di inquadrare i risultati ottenuti all’interno delle cornici teoriche disponibili.
Secondo una prima formulazione di Arnoud Arntz, professore di psicologia clinica e di psicopatologia sperimentale all’università di Maastricht, l’ImRS modificherebbe il significato attribuito agli episodi traumatici e di conseguenza il contenuto degli schemi a esso associati. Pertanto, in una sorta di condizionamento classico, gli stessi stimoli condizionati (i trigger dei ricordi traumatici) provocheranno una diversa risposta condizionata (emozioni diverse).
Tuttavia, gli autori dello studio concordano con l’ipotesi di Chris Brewin, che sostiene che l’individuo possieda diverse rappresentazioni di sé che competono per l’attivazione. L’ImRs non agirebbe tanto modificando il contenuto di una particolare rappresentazione di sé negativa, quanto riducendone l’accessibilità in proporzione a rappresentazioni di sé più positive.
Collegato all’ipotesi di Brewin, è il concetto di “Self-Memory-System” (SMS) proposto da Martin Conway, secondo cui l’individuo possiede un senso di sé stabile o a lungo termine (“long-term self”, LTS), che contiene ricordi autobiografici e informazioni concettuali sul sé, organizzate in forma di strutture di sé (ad esempio schemi, sé possibili, credenze, scopi e valori) e diverse rappresentazioni di sé operative (“working selves”, WS) che guidano cognizione, emozione e azione. L’SMS garantisce all’individuo di mantenere un senso di sé coerente, adattandosi alle circostanze; mentre i vari WS vengono attivati in base a esigenze ambientali. Ad esempio, i WS legati a ricordi negativi sarebbero particolarmente salienti e accessibili perché in contrasto con gli scopi dell’individuo.
In conclusione, i risultati di questo studio suggeriscono un collegamento diretto tra ricordi e rappresentazione di sé, perlomeno nella dimensione dell’autostima, e implicano che manipolando i primi è possibile agire sulla seconda. In particolare, l’ImRS, modificando il significato attribuito ai ricordi negativi, consentirebbe di facilitare l’attivazione di rappresentazioni di sé più positive nuove o già esistenti. Studi futuri dovranno formulare ipotesi più precise sui meccanismi attraverso cui ciò avviene e testarle per ottenere risultati sempre più attendibili.
Per approfondimenti:
Çili S., Petit S. and Stopa L. (2017) Impact of imagery rescripting on adverse self-defining memories and post-recall working selves in a non-clinical sample: a pilot study. Cognitive Behaviour Therapy, 46:1, 75-89.