Genitori e figli

di Ilaria Martelli Venturi

Come gestire il conflitto utilizzando la validazione

Sara, 17 anni, esce con gli amici e, al rientro per la cena, tarda di mezz’ora dall’orario concordato. La madre la rimprovera: “Non è possibile! Fai sempre tardi, sono proprio stanca di questo comportamento. La prossima volta non ti faccio uscire”. Sara si sente ferita e arrabbiata, anche perché era stata molto attenta all’orario ma l’autobus tardava a passare. Così, esplode rabbiosamente: “Devi sempre urlare, nemmeno mi ascolti, l’autobus non passa mai per questo vorrei un orario di rientro più elastico”. E la mamma: “Non se ne parla proprio, devi imparare ad organizzarti, basta calcolare meglio i tempi. Domani non esci, così impari!”. L’esito è che Sara si chiude in camera senza dire una parola, saltando anche la cena.

Quanto sono frequenti episodi di questo tipo nelle famiglie, soprattutto in adolescenza?

Cosa possono imparare genitori e figli per ridurre questi conflitti? Sicuramente è di fondamentale importanza il concetto di “validazione”: “validare” significa comunicare all’altra persona che le sue emozioni, i suoi pensieri e il suo comportamento hanno un senso e che si è in grado di comprenderli.

Quando si valida, si fa attenzione a non banalizzare gli stati d’animo dell’altra persona, a non farli sembrare sciocchi, senza importanza o esagerati. E perché è importante validare? La validazione migliora i rapporti interpersonali e riduce l’intensità dei conflitti e delle emozioni, rendendo la persona con cui si sta parlando più calma e più ricettiva a quello che si intende comunicare. Infatti, quando si valida, la persona si sente capita, ascoltata, non giudicata, percepisce che si ha a cuore il rapporto e, senza entrare in conflitto, capisce che chi ha di fronte può non approvare.

L’invalidazione, al contrario, comunica attraverso parole o azioni, che gli stati d’animo, le azioni, le emozioni e i pensieri dell’altra persona non hanno senso, sono manipolativi, inutili, sciocchi o eccessivi, quindi non degni di interesse o rispetto.

È importante sottolineare che la validazione non è accettazione: validare non significa approvare ciò che l’altro sta facendo, dicendo o sentendo, ma semplicemente capire le motivazioni che lo spingono ad agire o pensare in un determinato modo; si può sempre validare uno stato d’animo senza validarne il comportamento ad esso associato.

Tornando all’aneddoto iniziale di Sara, come avrebbe potuto porsi la mamma in modo validante?

Innanzitutto le avrebbe chiesto come mai ha fatto tardi e, probabilmente, Sara sarebbe stata meglio predisposta a risponderle: “È più il tempo che passo sull’autobus che quello con gli amici, ecco perché preferirei tornare un’ora più tardi”. La madre avrebbe potuto scegliere di accettare l’orario richiesto, dicendole: “Va bene Sara, capisco che in questo modo hai poco tempo, spostiamo la cena di mezz’ora”; oppure negoziare: “Sara, capisco la tua necessità di passare del tempo con i tuoi amici, però non possiamo cenare alle 9, per noi si fa troppo tardi, magari prenditi una mezz’ora in più così accontentiamo le esigenze di tutti”; o ancora avrebbe potuto validare la richiesta ma non approvarla: “Sara, capisco perfettamente la tua necessità di passare del tempo con i tuoi amici, però abbiamo stabilito un orario per cena e dobbiamo rispettarlo tutti, magari esci prima di casa ma sull’orario di rientro non transigo”.

Se un genitore è validante, insegna al figlio a esserlo altrettanto e, nel caso di Sara, è ipotizzabile che la sua reazione, di fronte alla validazione della mamma, sarebbe stata di maggiore comprensione anche nel caso di disapprovazione, disinnescando un’escalation di reazioni aggressive che solitamente portano ad un conflitto acceso tra genitori e figli.

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