“Anche se non l’ho portato nove mesi nella pancia, lo conosco meglio di te!”

di Martina Perini e Lavinia Lombardi

Chi non conosce il detto “pater patrimonio mater matrimonio”?

Il termine “patrimonio” viene dal latino patrimonium, composto da pater (padre) e munus (compito). In questa parola si enuclea il dovere del padre: provvedere al sostentamento della famiglia attraverso il suo lavoro e le sue risorse al fine di soddisfarne i bisogni. “Matrimonio”, dal latino matrimonium, è invece l’unione di mater (madre) e munus (dovere): nel diritto romano il matrimonio era il compito della donna, alla quale spettavano l’educazione dei figli e la gestione della famiglia. Per molti secoli, il ruolo educativo e affettivo del papà è stato spesso sottovalutato, depotenziato, lasciato in secondo piano.
Ma è davvero così irrisorio? Prendendo l’esempio tradizionale di nucleo familiare, in cui la madre è la figura di attaccamento primario, il padre ha l’importante compito di entrare nel rapporto simbiotico madre-figlio, aiutare il bambino a separarsi dalla figura materna per differenziarsi e costruire una propria identità e offrirgli l’esperienza della triangolazione, cioè di un incontro tra tre entità distinte: bambino, madre e padre. Secondo gli studi effettuati da Fivaz-Depeursinge e Corboz-Warnery, il bambino è in grado di adottare tale capacità di triangolazione già a tre mesi: di fronte al comportamento di un genitore il bambino può volgersi verso l’altro o per avere informazioni rassicuranti o per condividere la propria gioia. Il padre, quindi, ha un ruolo molto importante per il primo passo verso il lungo cammino dell’autonomia del bambino. Alcune ricerche, inoltre, mostrano come il papà possa avere un ruolo specifico nello sviluppo emotivo del bambino, importante quanto quello materno.
Con il termine “attaccamento” si identificano i comportamenti dei bambini volti a ricercare e mantenere una condizione di vicinanza fisica e psicologica verso la figura elettiva di riferimento. Crescere i propri figli non è semplicemente un problema di cosa fa il genitore, ma è un problema di cosa egli pensa in merito al proprio ruolo. Di conseguenza, il sistema di credenze del papà è fondamentale nella determinazione del tipo di rapporto che intende creare con i propri figli e che a loro volta influenzano lo sviluppo emotivo del bambino. Oltre all’importanza delle caratteristiche di personalità, è fondamentale il ruolo che il papà occupa all’interno della propria famiglia e quanto riesca ad allinearsi o a plasmare l’altro partner per adottare gli stessi orientamenti educativi nei confronti dei figli.
In tempi recenti, il ruolo paterno è stato rivalutato anche nella pratica del contesto terapeutico. Anzi, proprio nella terapia familiare, è risultato strategico il suo contributo nella risoluzione di problematiche, in contrasto con il pensiero incentrato sulla diade madre-figlio che ha pervaso tutta la precedente ottica psicoanalitica. Grazie a terapeuti come Minuchin, Whitacker, Selvini Palazzoli, il papà è entrato fisicamente nella stanza di terapia e il suo contributo attivo ha reso sempre più indispensabile la sua presenza.
Il terapeuta Canevaro suggerisce una similitudine per comprendere il rapporto tra madre, padre e figlio: “I cormorani sono uccelli marini che prima di abbandonare il nido scompaiono qualche giorno poi tornano e regrediscono a comportamenti più “infantili”, appresi nelle prime ore di vita, facendosi per esempio rimbeccare dai genitori o pigolando per poi spiccare il volo fino alla primavera successiva, nonostante la chiamata insistente dei genitori”. Kortland, lo zoologo olandese che negli anni ’50 studiò il fenomeno, chiamò questo processo la “reprogressione biologica”: “Fare un passo indietro per farne due avanti”. Allo stesso modo gli individui, per poter evolvere a uno stadio di sviluppo autonomo nella conferma del sé, hanno bisogno del coinvolgimento dei familiari significativi: fare un passo indietro significa risolvere i conflitti con la famiglia di origine e recuperare una solida base affettiva con il padre e con la madre, nutrimento necessario per poi spiccare il volo.

 Per approfondimenti:

Andolfi M. (2001), Il padre ritrovato. Alla ricerca di nuove dimensioni paterne in una prospettiva sistemico-relazionale. Franco Angeli, Milano.

Bowen M. (1980), Dalla famiglia all’individuo. Astrolabio Ubaldini, Roma.

Canevaro A. (2009), Quando volano i cormorani. Borla, Roma.

Canevaro A., Selvini M., Lifranchi F., Peveri L. (2008), La terapia individuale sistemica con il coinvolgimento dei familiari significativi, Psicobiettivo, 1.

Parke (1981), The Developing Child: Fathers, Paperback.

Field T. (1978), Interaction behavior of primary versus secondary caretaker fathers. Developmental Psycology, 14, pp. 183-184.

Fivaz-Depeursinge, E., Corboz-Warnery, A. (1999), The primary triangle. Basic Books, New York. [Trad. it.: Il triangolo primario, Raffaello Cortina, Milano, 2001].

Harkness, S., & Super, C. M. (1992). Parental ethnotheories in action. In I. Sigel, A. V. McGillicuddy_DeLisi & J. Goodnow (Eds.), Parental belief systems: The psychological consequences for children (2nd ed.) (pp. 373_392). Hillsdale, NJ: Erlbaum.

Lamb, M. E. (1981a), The development of father-infant relationships. In M. E. Lamb (Ed.), The role of the father in child development (Rev. ed., pp. 459–488). New York: Wiley

Lewis, David K. (1986), On the Plurality of Worlds. Oxford: Blackwell.

Minuchin S. (1974), Famiglie e terapie della famiglia; trad. it. Astrolabio Roma.

Parke R. D. (1981), Fathering. Collins, London; Harvard University press, Cambridge, MA.

Selvini M. (2000), Vecchi e nuovi padri, Ecologia della mente, 2.

West, M. M., Konner M. J. (1976). The role of the father: an anthropological perspective. In: Lamb, M. (a cura di) the role of the father in child development. Wiley, New York.

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