di Giulia Giammanco
Il 18 aprile a Villa Niscemi A Palermo il Prof. Lorenzini ha fatto una sintesi sui principi fondamentali del cognitivismo, le applicazioni in campo terapeutico ed il trattamento dei casi più complessi.
L’assunto fondamentale da cui parte il modello della teoria cognitiva è che il modo in cui facciamo esperienza della realtà è mediato da filtri cognitivi anche detti “credenze” che sono prevalentemente appresi, le emozioni ed i comportamenti che ne conseguono non sono altro che il prodotto di queste credenze. Ognuno di noi durante il giorno ha continuamente dei pensieri automatici a prevalenza verbale o immaginativa che solitamente sono al di sotto del livello di consapevolezza, con i quali viene dato significato al mondo e che essendo inconsapevoli difficilmente vengono messi in discussione.
Questa teoria dà una spiegazione della psicopatologia differente dalle teorie precedenti, ovvero vede la sofferenza come il prodotto delle nostre valutazioni soggettive degli eventi.
Solitamente un paziente giunge in terapia quando uno scopo fondamentale per la sua vita ed il suo benessere viene compromesso, gli scopi insieme alle credenze ed alle emozioni sono dei costrutti chiave per comprendere la teoria cognitiva. Gli scopi guidano il comportamento e possono essere sia consapevoli sia inconsapevoli, alcuni sono innati altri sono appresi dalla cultura, dalla famiglia dalla propria storia personale.
Le credenze sono mappe della realtà che organizzano il comportamento guidato dagli scopi, anche queste possono essere innate o apprese; le emozioni invece sono delle “spie” che informano sullo stato di raggiungimento degli scopi: l’ansia ci dice che uno scopo è minacciato, la tristezza che uno scopo è fallito, la rabbia che un diritto è stato leso, la colpa che lo scopo di avere una buona autoimmagine è stato danneggiato, la vergogna che viene danneggiata la nostra immagine sociale.
Partendo da queste premesse, come si spiega il cosiddetto paradosso nevrotico, ovvero, perché nonostante si provi della sofferenza non si adotta uno schema cognitivo funzionale differente da quello appreso? Perché il cambiamento anche se arreca un vantaggio è così difficile da attuarsi? Le spiegazioni sono molteplici: da una parte i sintomi nonostante comportino un malessere spesso arrecano anche un vantaggio secondario (tutto il male non viene per nuocere), il cambiamento inoltre può implicare abbandonare degli scopi (una rinuncia) o abbandonare le credenze per attuarlo che comunque sono per noi delle strategie di perseguimento degli scopi.
Quando s’instaura la patologia? Quando una credenza centrale del sistema impedisce che uno scopo sia raggiunto e contemporaneamente che sia abbandonato (ad esempio la credenza “stare soli è terribile” porta gli individui a “marcare strettamente gli altri” e gli altri si allontanano come conseguenza).
Nella terapia le credenze fondamentali vengono individuate tramite la tecnica dell’ABC, ovvero si chiede al paziente un automonitoraggio che individui L’“Activating Event” il “Belief System” e le “Consequences”.
La A implica tutto ciò che accade di oggettivo che precede i pensieri le emozioni ed i comportamenti del soggetto, la B implica come il soggetto interpreta l’evento attivante, ovvero le sue credenze sull’evento, la C le emozioni ed i comportamenti che ne conseguono.
La pratica terapeutica solitamente consiste nel mettere in discussione e ristrutturare insieme al paziente il Belief System aiutandolo a trovare ipotesi alternative rispetto a quelle nucleari ed affinchè il soggetto prenda distanza critica dai propri pensieri si cerca di ricostruire quando e come si sono formate queste credenze, ricollocandole nella storia del soggetto.
Queste tecniche possono essere utilizzate anche nei pazienti più gravi, dove le credenze possono diventare dei veri e propri deliri. Il delirio diventa anche in questa caso una strategia del soggetto che tenta di dare una spiegazione coerente della realtà e mantenere il conseguimento di uno scopo, questo dimostra come ci sia un continuum tra il pensiero normale, la nevrosi ed il delirio, ovviamente nei pazienti più gravi viene meno l’esame di realtà.