Mi vendico o ti perdono?

di Barbara Basile

Quale intervento prediligere rispetto a torti passati subiti: uno studio sul bullismo e l’Imagery with Rescripting

Il bullismo rappresenta un fenomeno sociale sempre più diffuso, con gravi ripercussioni su chi lo subisce. Le conseguenze influiscono sull’autostima di chi ne è vittima, sul maggior rischio di fare uso di sostanze, sullo sviluppo di difficoltà scolastiche e, in generale, su una maggiore probabilità di sviluppare dei disturbi psicologici. Episodi o ricordi relativi a questo tipo di esperienze emergono spesso in psicoterapia e possono essere trattati con tecniche diverse, tra cui quelle di immaginazione. Un esercizio particolarmente utile, che consiste nell’aiutare la persona a identificare e soddisfare, tramite immaginazione, i propri bisogni frustrati in età infantile è l’Imagery with Rescripting (IwR), letteralmente “immaginazione con ri-scrittura”. L’applicazione dell’IwR permette a chi ha vissuto un abuso, o un altro tipo di esperienza negativa, di intervenire (o far intervenire qualcun altro, come lo psicoterapeuta, un super-eroe o un’altra figura significativa) e riscrivere l’accaduto soddisfacendo il bisogno frustrato nell’esperienza traumatica. La tecnica si può applicare a diversi tipi di episodi, tra i quali quelli di bullismo.

In una recente ricerca, Hayley Watson ha confrontato tra loro diversi tipi di intervento di rescripting per capire quale potesse essere quello più indicato e portatore di un maggiore  benessere individuale. In particolare, su un vasto campione di studenti universitari vittime di bullismo in passato, è stata applicata la tecnica di immaginazione ri-scrivendo l’episodio pregresso con uno tra i seguenti tipi di intervento: condizione 1) la vendetta rispetto al bullo o ai bulli; condizione 2) il perdono; e condizione 3) l’“evitamento” (evitare del tutto il contatto con l’aggressore). La vendetta è un danno materiale o morale inflitto ad altri per pareggiare un danno o un oltraggio subìto; mentre la sua alternativa è il perdono, un processo che consiste nella scelta di rinunciare all’odio e alla rabbia verso l’aggressore. L’atto del perdono, che può richiedere parecchio tempo, non necessariamente deve essere condiviso, ma può avvenire anche solamente nella mente di chi ha subito il torto.

I risultati dello studio hanno mostrato che chi nell’immaginazione interveniva con un atto di perdono o evitava il contatto con l’aggressore (condizioni 2 e 3) mostrava una immediata riduzione delle emozioni negative rispetto a chi, invece, interveniva vendicandosi (condizione 1). In particolare, perdonare implicava una risposta iniziale di stress (osservabile anche tramite un aumento di conduttanza cutanea), ma nel lungo termine favoriva migliori risposte di fronteggiamento sul piano emotivo e cognitivo. Di contro, chi era intervenuto sull’evento con un comportamento di vendetta riportava maggiore malessere e un decremento nei livelli di autostima.

In generale, gli esercizi di immaginazione possono favorire un maggiore insight e una migliore risoluzione in termini cognitivi e, soprattutto, emotivi di esperienze passate, ma anche attuali, dolorose.

Per approfondimenti:

“Teoria e clinica del perdono” di Barbara Barcaccia e Francesco Mancini

Arntz, & Weertman, 1999. Treatment of childhood memories: theory and practice. Beh Res Ther; 37: 771-740

Watson H et al., 2016. Imagery rescripting of revenge, avoidance, and forgiveness for past bullying experiences in young adults. Cogn Behav Ther; 45(1):73-89

Articolo sul perdono sul blog: /2016/03/29/perche-il-perdono-puo-essere-talvolta-una-via-duscita-dalla-sofferenza-emotiva/

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