Schizofrenia e sintomi precoci

di Giuseppe Grossi

Perché i sintomi prodromici sono indicatori di rischio e non d’inizio della malattia schizofrenica

Nel 2003, Firth e Johnstone descrivevano così il decorso della malattia schizofrenica: “è diventato sempre meno felice, malinconico, taciturno e tende a isolarsi. Il giovane paziente ha dimenticato tutto quello che ha imparato. Le sue capacità cognitive brillanti dopo poco tempo sono svanite”.

A partire dagli studi di Morel nell’Ottocento, iniziò il lungo lavoro per definire la psicosi e giungere a una classificazione dei sintomi che permettesse di individuare e diagnosticare in maniera accurata e tempestiva il disturbo nelle sue varie forme, compresa la Schizofrenia.

La svolta vi fu nel 1959, con lo psichiatra Kurt Schneider, il quale descrisse una serie di sintomi che permettevano di fare una diagnosi differenziata tra Disturbo Bipolare, Disturbo di Personalità e Depressione. Questi sintomi comprendono: allucinazioni uditive, deliri riguardo ai propri pensieri, sensazioni di controllo esterno su sentimenti, impulsi e comportamenti, mania di persecuzione o mania di grandiosità.

Le sue idee sono state decisive e fondamentali per giungere agli attuali criteri diagnostici della Schizofrenia e hanno aperto le porte a una ricerca concentrata sempre più sulla prognosi del decorso.

Perché molti pazienti vanno incontro a un decorso progressivo e alcuni, invece, guariscono?

Per molti studiosi, il modo e il momento dell’insorgenza della malattia, se lento o acuto, riveste un ruolo importante per il decorso della malattia, come dimostrato anche da Hafner e Van Der Heiden. Secondo tali autori, infatti, l’insorgenza di sintomi prodromici nell’adolescenza e il loro peggioramento segnalano un decorso cronico, mentre una tarda, improvvisa manifestazione della sintomatologia segnala un decorso favorevole.

Seguendo tale idea, molti tra psicologi e medici hanno pensato che spostare sempre di più l’attenzione verso gli esordi e i sintomi prodromici della malattia permetta di prevenire un decorso progressivo del disturbo che termina con la cronicizzazione.
Dispercezioni, brevi allucinazioni transitorie e idee di riferimento sono comuni nella Schizofrenia e si pensa costituiscano i primi segnali di un esordio psicotico. Tuttavia, questi sintomi non sempre danno origine a un disturbo psicotico: possono, piuttosto, associarsi più frequentemente a disturbi dell’umore, a vissuti traumatici e ad alcuni disturbi d’ansia. Per questa ragione, dovrebbero essere visti come indicatori di rischio più che come segnali d’inizio della Schizofrenia.

Nel 2002, Dhossche e altri, su 914 adolescenti reclutati dalla popolazione generale, hanno riscontrato che il 6% presentava o aveva sperimentato fenomeni allucinatori e che a un successivo follow-up di 8 anni su 783 soggetti del campione originario, nessuno aveva sviluppato disturbi dello spettro schizofrenico.

Riconosciuto che i fenomeni allucinatori possano rientrare nello sviluppo normale, essere associati a malattie fisiche o a gravi difficoltà di adattamento psicosociale, è importante non sottovalutare i casi di disturbi dell’umore con sintomi psicotici che, all’esordio in età evolutiva, possono essere facilmente scambiati per schizofrenia infantile. Inoltre, è importante, in luce di una diagnosi differenziale, escludere la presenza di un Disturbo Ossessivo Compulsivo e indagare l’eventuale presenza di un Disturbo Postraumatico da Stress, soprattutto di fronte a fenomeni allucinatori collegati a traumi.

In conclusione, non trascurando l’importanza di una diagnosi tempestiva, è fondamentale ricordare che l’espressione “sintomi prodromici” si riferisce ai sintomi precoci di una malattia, che precedono lo sviluppo completo della stessa e che quindi non sono sufficienti per effettuare una diagnosi.

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