di Niccolò Varrucciu
Contrariamente all’immaginario collettivo, alcuni studi hanno rilevato la bassa prevalenza di psicosi tra le madri infanticide. Quali passi deve compiere la ricerca neuropsicologica
Nessun crimine risulta più cruento, efferato e dettato dalla follia dell’uccisione di bambini da parte dei loro genitori. Ma, anche se controintuitivo, l’infanticidio è sempre esistito e su di esso la letteratura fornisce dati incredibili. Rougé-Maillart ha evidenziato come il principale obiettivo delle donne sia il marito, seguito dai figli.
Tra i bambini sotto i cinque anni uccisi negli Stati Uniti tra il 1976 e il 2005, il 61% aveva visto i genitori come propri carnefici: di questi ben il 30% aveva guardato la loro madre mentre li uccideva.
Tragica la vicenda perpetratasi nel 2007 in Germania: una madre uccise nove bambini subito dopo la nascita, facendoli a pezzi e interrandoli in vasi di fiori; un’altra aveva ucciso numerosi bambini e in seguito li aveva messi in un congelatore.
Entrambe le donne si macchiarono di uno dei crimini che più accende le coscienze popolari, scalda gli animi e fa reclamare giustizia, a ogni costo: l’infanticidio.
Si tratta di una dinamica complessa, sottesa da molte motivazioni differenti. Ci sono madri abusanti, che non solo scoraggiano le espressioni di disagio e sofferenza del figlio, ma addirittura rispondono con aggressività e violenza. In questi casi l’omicidio non è premeditato, ma la conclusione di un’escalation rabbiosa non controllata e non fermata in tempo. Caratteristiche di queste madri sono disturbi di personalità, intelligenza limitata, tendenza alla depressione, facilità ad agire impulsivamente e un elevato livello basale d’irritabilità. Spesso questi atti s’innestano in situazioni familiari molto problematiche e ambienti depauperati. Non sono infrequenti abusi e maltrattamenti nell’infanzia di questi soggetti, che un giorno diverranno assassini.
Un altro scenario riguarda madri passive e negligenti. Nella fattispecie, la morte del figlio scaturisce da una mancanza di cure e attenzioni a causa di un profondo senso d’inadeguatezza nell’espletare la funzione genitoriale.
Altro caso è quello dell’uccisione del figlio come rivendicazione nei confronti del partner, per aver subito dei torti, reali o presunti: la madre vendicativa presenta spesso disturbi di personalità con aspetti di disregolazione e aggressività, tendenze suicidarie e una storia pregressa di ricoveri in ospedali psichiatrici.
Altre madri uccidono in modo più lucido i figli non voluti, espressione di un intenso trauma, come un rapporto e una gravidanza non voluti o addirittura subiti. Il profilo clinico si tinge spesso di antisocialità e abuso di sostanze.
Ci sono anche madri che attribuiscono al figlio la colpa di aver rovinato loro la vita, di aver deformato irrimediabilmente il loro corpo, di averle private di ciò che la vita senza figli avrebbe certamente riservato loro. In questi casi non sono infrequenti disturbi psichiatrici con elementi persecutori, deliranti e paranoidei, nella quale il figlio è visto come “persecutore”.
Opposte, almeno apparentemente, le motivazioni che sottendono l’infanticidio da parti di madri presenti e apparentemente affettuose, attente a ogni necessità del figlio, ma che in realtà vogliono ferire o addirittura uccidere il figlio al solo scopo di stare al centro dell’attenzione. È il caso della “Sindrome di Munchausen per procura”, spesso alla base di omicidi seriali raccapriccianti; un celebre esempio è quello di Miss Marybeth Tinning, che uccise i suoi 9 figli uno alla volta facendole passare per morti naturali, in periodi di intense liti con il marito, anch’esso finito nel mirino della cruenta serial killer.
Dal punto di vista neuropsicologico, non sono molti gli studi validi che hanno indagato l’esistenza di profili cognitivi specifici negli assassini. Azores-Gococo e collaboratori hanno indagato i profili di soggetti condannati per l’omicidio di uno o più bambini e i risultati hanno evidenziato profili caratterizzati da maggiore impulsività, minore quoziente intellettivo, minori abilità di comunicazione e di regolazione emotiva nella gestione del conflitto, problem solving e disturbi psichiatrici.
Rispetto ai profili psicopatologici, un dato interessante riguarda la bassa prevalenza di psicosi tra le madri infanticide, contrariamente all’immaginario collettivo, il quale tende ad attribuire una considerevole dose di follia ai protagonisti di questi crimini tanto efferati. Elementi chiave sarebbero invece ascrivibili a tratti personologici, ambientali e alle loro interazioni.
Pertanto, le nuove direzioni cliniche e di ricerca dovrebbero declinarsi verso una psicopatologia che sembra essere trasversale a molti quadri sindromici, fino all’inimmaginabile crudeltà di una madre.
Per approfondimenti:
Azores-Gococo, N.M., Brook, M., Teralandur, S.P., Hanlon, R.E. (2017) . Killing a child. neuropsychological Profiles of Murderers of Children. Criminal Justice and Behavior.
Child Welfare Information Gateway. (2016). Child abuse and neglect fatalities 2014: Statistics and interventions. Washington, DC: Children’s Bureau, U.S. Department of Health & Human Services.
Hanlon, R. E., Brook, M., Demery, J. A., & Cunningham, M. D. (2015). Domestic homicide: Neuropsychological profiles of murderers who kill family members and intimate partners. Journal of Forensic Sciences, 61(Suppl. 1), S163-S170.