L’utilizzo di interventi di stampo cognitivo-comportamentale per contrastare la tendenza a procrastinare
Sebbene non esistano ancora protocolli di testata efficacia per quanto riguarda il lavoro sulla procrastinazione, gli interventi di stampo cognitivo-comportamentale sembrano essere quelli maggiormente utilizzati.
Gli interventi comportamentali sono principalmente rivolti ad aumentare le possibilità di inizio automatico di un’attività, facilitare la gestione del tempo e prevenire le distrazioni durante lo svolgimento di un compito. In generale, tutti gli interventi che promuovono una routine sono funzionali a inibire la procrastinazione, un po’ come avviene con la depressione. In secondo luogo, essendo la procrastinazione associata a comportamenti di evitamento, esporre gradualmente l’individuo alle attività evitate potrebbe aiutarlo a ridurre l’intensità delle emozioni che lo portano a procrastinare. Noia, preoccupazione e spiacevolezza sono spesso riportati dai procrastinatori per cui, superare il blocco emotivo iniziale, che ostacola lo svolgimento del compito, potrebbe portare l’interruzione del comportamento procrastinatorio. Prescrivere lo sforzo minimo che l’individuo è disposto a esercitare potrebbe aiutare a superare le emozioni che bloccano l’inizio dell’attività. Si potrebbe ad esempio proporre di lavorare dieci minuti prima di valutare se continuare o meno. Questo livello di sforzo minimo può essere determinato sia da quanto ne è necessario per iniziare l’attività, sia dal risultato che si deve ottenere. La definizione chiara degli obiettivi è generalmente considerata un passo essenziale per ridurre la procrastinazione. Infatti, obiettivi inadeguati spesso danneggiano le capacità di problem solving e abbassano la motivazione. Inoltre, la definizione degli obiettivi dovrebbe essere sempre accompagnata da obiettivi a lungo termine suddivisi in sotto-obiettivi in modo che possa essere facilitata la gestione del tempo. La procrastinazione è spesso collegata a una perdita di interesse rispetto al compito da svolgere, che porta l’individuo a posporne il compimento a favore di attività che generano un’immediata gratificazione. Questo ostacolo può essere parzialmente superato usando un’adeguata definizione degli obiettivi che accresca la motivazione.
Per quanto riguarda gli interventi incentrati su pratiche cognitive, questi sono spesso utilizzati per lavorare sulle credenze disfunzionali individuabili nel procrastinatore. L’idea di dover necessariamente svolgere un compito alla perfezione, la visione catastrofica del fallimento, i dubbi rispetto alle proprie capacità sono tutti esempi di cognizioni che potrebbero interferire con l’abilità di impegnarsi in una determinata attività. L’esperienza clinica suggerisce che lavorare su queste assunzioni, sulle credenze nucleari e sui pensieri automatici negativi possa essere essenziale per prevenire la procrastinazione. La ristrutturazione cognitiva potrebbe essere usata per rendere l’individuo consapevole di come alcuni pensieri siano spesso un ostacolo a un comportamento corretto e all’adempimento dei propri impegni. Ciò appare molto importante per credenze del tipo “è essenziale che il risultato sia perfetto” o “se non sono abbastanza motivato è meglio che faccia altro”. Ciò potrebbe stimolare la persona a mettere in atto risposte maggiormente adattive. Completando i compiti seguendo una difficoltà crescente, si può creare, invece, un feedback correttivo che aumenta la possibilità di rinforzare il comportamento intenzionale. Dopo aver individuato le credenze disfunzionali, potrebbe essere d’aiuto per l’individuo valutare la discrepanza tra la situazione attuale e gli obiettivi prefissati, al fine di aumentare la motivazione e favorire il cambiamento comportamentale. In aggiunta, potrebbe essere utile un lavoro sui costi e i benefici della procrastinazione per permettere all’individuo di motivarsi maggiormente al cambiamento.
Per approfondimenti:
Rozental A., Carlbring P. (2014) Understanding and Treating Procrastination: A Review of a Common Self-Regulatory Failure, Psychology, 5, 1488-1502.