di Emanuela Pidri
Il sogno come storia del mondo interno del paziente e relazione di aiuto
L’introduzione del sogno nella Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) rappresenta un prezioso strumento che amplia le possibilità di lavoro del terapeuta e aumenta il livello di coinvolgimento del paziente nella relazione terapeutica. Può essere utile, da parte del terapeuta, lavorare sui sogni quando la terapia sembra bloccata, visto che il sogno può essere un modo per consentire al paziente di avvicinarsi in modo graduale ai contenuti temuti, identificando le distorsioni cognitive. I cognitivisti considerano il sogno come un processo prodotto da un unico sistema cognitivo che opera nelle fasi REM e non-REM del sonno. Il sogno sarebbe quindi un processo simbolico di elaborazione, interpretazione, riorganizzazione, in una sequenza narrativa, del materiale accumulato nella memoria durante la veglia. La mente umana sembra avere un bisogno continuo di elaborare informazioni, anche durante il sonno in cui i circuiti neuronali si trovano in uno stato di stand-by.
Attualmente il progredire delle ricerche in ambito neurofisiologico ha senza dubbio portato a molte conoscenze sul processo del sognare. L’uso del sogno in psicoterapia è stato un tema da cui la CBT ha preso le distanze per allontanarsi dalla psicoanalisi e per le difficoltà di un’indagine rigorosamente empirica in merito. Tuttavia, anche in area cognitivo comportamentale sono disponibili modelli di lavoro strutturati e inseriti nelle epistemologie di riferimento razionaliste e costruttiviste. L’obiettivo terapeutico diventa quello di far emergere significati personali e raggiungere un maggior livello di insight. Si tratta di una co-costruzione di significati tra paziente e terapeuta in cui il sogno diventa un mezzo per accedere a nuovi orizzonti personali e prendere consapevolezza, facilitando il cambiamento nella vita reale. L’enfasi viene posta sulle emozioni e sulle discrepanze emotive tra ciò che il paziente ha sognato e l’emozione provata durante l’attività onirica, modificando, quanto possibile, la struttura e il contenuto del sogno per favorire il cambiamento comportamentale e la scomparsa dei sintomi. A volte viene incoraggiata la raccolta del proprio materiale onirico e il tema del sogno può essere legato a dei compiti da svolgere a casa, al di fuori della seduta psicoterapeutica. I temi rappresentati nei sogni generalmente sono concezioni sul sé, sugli altri o sul mondo. I sogni, quindi, nel paziente possono essere assunti come segno ed espressione della sintesi tra elementi intrapsichici non necessariamente integrati e i vissuti connessi alla terapia, intesa come luogo di relazioni, valori e progetti nella costruzione della realtà desiderata. In questo modo, i sogni contribuiscono non solo alla comprensione del mondo interno dei sognatori ma anche della realtà sociale in cui vivono. A tale proposito, è stato ideato il metodo del “Social Dreaming”: terapia di gruppo durante la quale vengono collegate tra loro immagini, sogni e fantasie; evidenziate le sequenze dei sogni che sono stati raccontati e, infine, messi in risalto gli elementi sociali dei sogni. Il lavoro nelle sedute di “Social Dreaming” implica l’identificazione di alcuni pattern piuttosto che l’interpretazione di contenuti singoli poiché ogni sogno rivela di avere non un solo significato, ma molti connessi tra loro. L’uso dei sogni può aiutare i pazienti ad apprendere l’utilizzo dell’immaginazione e fornire al terapeuta importanti informazioni cliniche e una misura del cambiamento terapeutico. Il lavoro sul sogno diviene, così, la produzione di un “paradigma” di una relazione di aiuto, quale è quella terapeutica, in funzione di un accordo condiviso su un terreno comune (la scelta di una determinata ottica di comprensione del sogno), tesa a scoprire nuove regole e nuove parti del mondo del sognatore.
Per approfondimenti:
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