Quando la creatività attenua la censura morale

di Carlo Buonanno

Siamo sempre in grado di comminare sanzioni eque?

Lupin III, ladro gentiluomo dal cipiglio creativo, rubava smeraldi con un gioco di prestigio e non sparava un colpo. Astuzia e danni collaterali non particolarmente gravi. Gli ingredienti che fanno scivolare la grammatica morale su una buccia di banana. Già, perché se è vero che la legge morale agisce a guardia delle cattive azioni, è altrettanto vero che un’opera d’ingegno suscita ammirazione. Anche se è un crimine.

Che succede allora quando assistiamo a un reato? Siamo sempre in grado di comminare sanzioni eque? Due ladri di gioielli meriterebbero la stessa pena o c’è sempre chi è più innocente degli altri? Nessuno ha accesso a tutti i fattori che concorrono alla formazione dei propri giudizi morali e molti di noi rimarrebbero delusi se scoprissero di aver valutato differentemente due imputati che hanno rubato lo stesso collier. Gli esseri umani come giudici non sono imparziali. Intuiscono cosa è male, ma sono sensibili a una serie di variabili e la creatività è una di queste. La capacità di produrre idee utili e originali correla con la percezione di competenza, a tal punto che siamo pronti a essere più clementi con le persone che commettono azioni immorali concepite con una buona dose di creatività.

In un articolo apparso su Organizational Behavior and Human Decision Processes, ricercatori statunitensi hanno esplorato il ruolo della creatività nella formazione dei giudizi etici. In una serie di sei esperimenti, studenti di giurisprudenza leggevano brevi resoconti di comportamenti immorali che si differenziavano per i livelli di creatività, alla fine dei quali veniva chiesto loro di valutare il colpevole sulla base di una serie di attributi. Oltre alla creatività, gli sperimentatori hanno manipolato anche il livello di pericolosità del danno e i livelli di premeditazione, scoprendo che, in presenza di trasgressioni creative, gli esseri umani tendono a infliggere punizioni meno severe, a patto che le azioni non siano premeditate e, soprattutto, che il danno inflitto dalle violazioni non sia troppo grave. Insomma, se mentre fate la fila al supermercato vi accorgete che il cassiere sta rubando con destrezza, vi indignate sì, ma lo perdonate. Morte al ladruncolo sciatto, invece, è il motto di chi assiste a un cassiere che sottrae soldi ma senza estro.

Non è tutto. Nell’ultimo esperimento, a 216 studenti è stato detto che sarebbero stati coinvolti in una ricerca sull’efficacia della cooperazione nei gruppi di studio e che sarebbero stati esaminati alla fine di un periodo di apprendimento. Durante l’esperimento, un complice degli sperimentatori riusciva a convincerli a barare e lo faceva proponendo trasgressioni che si differenziavano per i livelli di creatività. Ebbene i partecipanti, nella condizione trasgressione creativa baravano di più, provavano meno colpa e sperimentavano livelli di autostima più alti rispetto ai soggetti nella condizione trasgressione poco creativa. La creatività, dunque, attenua la censura morale ma quel che è peggio è che può rendere contagiosa la disonestà.

Ripensando a Lupin, mi viene in mente che Jigen era il personaggio che preferivo. Aveva l’aria sorniona di un bluesman, fumava sigarette sbilenche e, con un cappello sgualcito calato sugli occhi, tirava con la sua Smith & Wesson e non sbagliava mai. Prima di ogni colpo, Jigen avvertiva sempre la polizia e lo faceva perché così il suo vino avrebbe avuto un sapore più buono. Un pistolero che amava le imprese fuori dal comune. Credo che immaginasse di avere un pubblico o forse una giuria che, ammirandone un po’ il prestigio, avrebbe usato sicuramente più clemenza.

Avviso ai naviganti: che non vi venga in mente di rubare. Sotto un cielo stellato c’è sempre il buon Zenigata. Lo sento ancora urlare al vento “Lupin non credere di stancarmi! La vita è fatta di alti e bassi ma la giustizia prevale sempre alla fine!”.

Per approfondimenti:

 Scott S. Wiltermuth, Lynne C. Vincent, Francesca Gino. Creativity in unethical behavior attenuates condemnation and breeds social contagion when transgressions seem to create little harm. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 2017, 139, 106-126.

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