L’amore al tempo dei vampiri

di Maurizio Brasini

Ovvero: perché la storia del narcisista maligno e della vittima empatica è una iper-semplificazione, ed è più utile immaginare che ogni coppia di amanti infelici si regga sulla segreta speranza di rompere un incantesimo

Amanda è una donna sulla quarantina che, nonostante la sua notevole bellezza, si considera sfortunata in amore. Non ha mai avuto una relazione stabile perché si è sempre innamorata di uomini che definisce “vampiri emotivi”, che si nutrivano del suo amore fino a prosciugarla e poi la gettavano via. Approda in terapia dopo le vacanze trascorse col suo attuale compagno, un uomo più grande di lei, ricco e affascinante. Lei lo aveva raggiunto nella sua villa sulle Dolomiti; si prospettava una situazione idilliaca, e invece era stato un disastro. Amanda aveva un problema ad un ginocchio, ma lui la costringeva ad interminabili arrampicate quotidiane e, in un paio di occasioni, la aveva letteralmente abbandonata lungo il sentiero: “smettila di frignare”, le diceva.

Inoltre, ogni sera lui organizzava qualche ricevimento, cosicché non potevano stare mai da soli; lei si era sentita come un trofeo che lui prima esibiva e poi metteva da parte. La richiesta di Amanda era semplice, perché aveva letto in Internet dell’esistenza dei narcisisti maligni, e aveva riconosciuto in pieno il profilo del suo compagno, per cui aveva bisogno di un aiuto esperto per liberarsi di lui. L’unico problema era che lei… lo amava perdutamente. Perché lui, quando era in vena, era galante e passionale e sapeva farla sentire la donna più speciale del mondo.

In storie come questa possiamo riconoscere un prototipo di relazione sentimentale in cui uno dei due partner appare soggiogato e sfruttato dall’altro. E in un rapporto vittima-carnefice, sembra ragionevole intervenire per liberare la vittima, proprio come chiede Amanda. Eppure, la visione incentrata sul narcisista maligno che vampirizza la vittima empatica si rivela parziale, e fuorviante l’obiettivo terapeutico di liberare la prigioniera.

Ascoltando attentamente Amanda, si capisce che il suo persecutore è anche l’uomo che occasionalmente la fa sentire amata, lei così sola e sfortunata; cioè: lui è anche un salvatore. Inoltre, Amanda riconosce le fragilità di quest’uomo ed è desiderosa di guarirlo col proprio amore; cioè: lui è anche una vittima. Persecutore, salvatore e vittima sono tre facce incompatibili dello stesso uomo, e Amanda sembra non saper decidere: qual è la sua vera natura? Peggio ancora; a seconda dei momenti, la povera Amanda sembra “vedere” una sola delle tre facce e “dimenticare” le altre due.

In effetti, una possibilità è aiutare Amanda a semplificare il suo dilemma a tre facce, confermarle che il suo compagno è in realtà un vampiro, offrirle dei rimedi per conoscere meglio come funzionano i vampiri in modo da poterlo smascherare, sconfiggere e riconquistare finalmente la propria libertà. Implicitamente, tuttavia, avremo anche confermato ad Amanda la sua visione di se stessa e degli uomini, e reiterato il suo destino di donna sfortunata in amore, che può al massimo liberarsi dai vampiri per rimanere sola, perché in un mondo popolato dai vampiri la solitudine è il prezzo per la libertà.

Ragionando di amori e vampiri insieme al terapeuta, viene in soccorso ad Amanda una sua eroina, la protagonista di “Twilight” che, proprio come lei, è innamorata di un vampiro. Nel romanzo, tuttavia, il vampiro rinuncia a nutrirsi del sangue della sua amata e lei a sua volta si astiene dall’utilizzare i propri poteri anti-vampiro contro di lui. Amanda si rende conto che la promessa di immortalità che accompagna il morso del vampiro è una condanna, sia perché la renderebbe schiava del suo stesso incantesimo sia perché la snaturerebbe irrimediabilmente, rendendola diversa da ciò che la sua eroina è e vuole essere. A questo punto, Amanda formula una nuova richiesta: non vuole essere aiutata a lasciare il suo narcisista maligno, preferisce iniziare a chiedergli un amore che la renda forse meno speciale, ma che sia fatto di considerazione e di rispetto.

La storia avrà un lieto fine diverso dalle aspettative di Amanda. Lei inizia a fare proposte del tipo: “invece di portarmi nel ristorante stellato, vieni a cena da me e poi dormiamo insieme”. Il suo compagno di fronte a questo cambiamento di atteggiamento si fa più evasivo, ma stavolta, curiosamente, Amanda non sente l’impulso irresistibile di inseguirlo. La relazione si sfilaccia, lei tollera un periodo di silenzio e poco tempo dopo conosce un altro uomo. Quando il suo compagno precedente torna a cercarla per professarle tutto il suo amore, Amanda è fortemente tentata, ma al primo incontro si accorge che tutto sommato sta meglio col suo nuovo compagno.

Alla fine della terapia, Amanda crede ancora nella sua teoria dei narcisisti vampiri, ma non si preoccupa più di non cadere nelle loro fauci, e soprattutto non è più convinta di essere sfortunata in amore perché dopotutto, con qualche accorgimento, anche un vampiro può essere un ottimo compagno, purché le voglia bene e ricordi di essere un gentiluomo.

Per Approfondimenti

Per cominciare, ecco alcuni dei numerosissimi riferimenti online sulle varie teorie dei vampiri emotivi, dei narcisisti maligni e delle vittime empatiche:

Per chi fosse interessato ad una comprensione dei tre volti del compagno di Amanda: persecutore, salvatore e vittima, essi corrispondono al cosiddetto “triangolo drammatico”, inizialmente identificato dallo psicoterapeuta transazionale Stephen Karpman (1968). Il ruolo di queste tre versioni inconciliabili dell’altro e della relazione nelle sequele dell’attaccamento disorganizzato è stato ampiamente trattato da Giovanni Liotti (qui sotto si riportano alcuni dei principali riferimenti bibliografici):

  • Karpman, S. (1968): “Fairy tales and script drama analysis”. Transactional Analysis Bulletin, 7: 39-43;
  • Liotti, G. (1999): “Disorganized attachment as a model for the understanding of dissociative psychopathology”. In: J. Solomon & C. George (eds.), Attachment Disorganization. New York: Guilford Press (pp. 291-317);
  • Liotti, G. (2004): “Trauma, Dissociation, and Disorganized Attachment: Three Strands of a Single Braid”. Psychotherapy: Theory, research, practice, training; Vol. 41, pp. 472-486, 2004;
  • Liotti, G. Farina, B. (2011): “Sviluppi traumatici”. Raffaello Cortina.

Per comprendere la logica terapeutica che sottende alla riformulazione della richiesta di Amanda, in cui anziché confermare la sua visione negativa delle relazioni la si aiuta a mettere in luce il proprio “piano di guarigione inconsapevole”, può essere utile un’introduzione alla Control Mastery Theory di Joseph Weiss e Harold Sampson:

  • Weiss, J. (1999): “come funziona la terapia”. Bollati Boringhieri.

Una descrizione della personalità narcisistica godibilissima e assai meno “unidimensionale” di quella offerta dai teorici del narcisista-vampiro la si può trovare in un recente libro di Giancarlo Dimaggio:

  • Dimaggio, G. (2016) “L’illusione del narcisista”. Baldini & Castoldi.

Infine, per donne che vogliono provare a convivere coi propri narcisi, ecco un prontuario di facile accesso offerto dalla Prof. Umberta Telfner:

  • Telfner, U. (2006): “ho sposato un narciso”. Castelvecchi.

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