di Giuseppe Femia
Una Graphic Novel giapponese illustra il disagio ossessivo-compulsivo, in bilico tra storytelling e terapia
Un paziente, appassionato di fumetti, mi suggerisce la lettura di “Il Nao di Brown”, una Graphic Novel che descrive la psicologia di una ragazza anglo-giapponese affetta da disturbo ossessivo compulsivo. La novel illustra il disagio della protagonista in una ambientazione transculturale, mediante una chiave narrativa originale e coinvolgente.
Nao ha continui pensieri intrusivi e indesiderati, durante i quali ha paura di fare del male agli altri in modo aggressivo, teme di perdere il controllo e mette in atto dei dialoghi a carattere ruminativo per scongiurare la possibilità di essere realmente una cattiva persona.
In alcune tavole, viene descritto in modo chiaro il senso di responsabilità che contraddistingue, secondo la concezione cognitivista, la configurazione ossessiva e i pensieri prudenziali che ne sono alla base. Per esempio, in un’illustrazione l’artista ritrae Nao in aereo, seduta vicino all’uscita di emergenza, che inizia a interrogarsi sulla possibilità di non essere capace di assumersi la responsabilità di aprire i portelloni, nel caso in cui se ne presentasse il bisogno. Da qui, inizia a sperimentare uno stato di ansia crescente, che la porta a maledire il fatto di essere salita su un aereo.
L’autore tratta il disturbo ossessivo compulsivo in modo delicato, pur descrivendone gli aspetti caratteristici. Sua moglie, durante l’infanzia e l’adolescenza, soffriva di un disturbo ossessivo: questo ha contribuito a stimolare in lui una riflessione empatica. Tale atteggiamento sarebbe auspicabile, da parte dei familiari, verso chi soffre a causa di questa condizione, contrariamente a fenomeni di critica sprezzante che spesso riscontriamo nella pratica clinica.
La narrazione catapulta il lettore nella testa di Nao, facendogli vivere in prima persona i suoi pensieri spietati e terribili e i suoi tentativi di inibire le proprie fobie. In una tavola viene descritto il pensiero intrusivo di Nao, mentre una persona aspetta la metro, leggendo un libro molto vicino ai binari: “Sarebbe bastata una piccola spinta!”.
Questi pensieri le tormentano la testa e le richiedono un continuo controllo, causando un forte stato di ansia.
Consapevolmente o meno, la rappresentazione fornita al lettore ricostruisce una formulazione di tipo cognitivista dei pensieri intrusivi tipici del DOC: a partire da eventi interni o esterni, Nao sviluppa timori e impulsi aggressivi verso gli altri, cercando di gestirli attraverso tentativi di soluzioni mentali e comportamentali, a cui segue una meta-valutazione che la fa sentire diversa dagli altri, anormale, evidenziando i costi di questo disordine nella gestione della sua vita affettiva e relazionale. Spesso chiede rassicurazioni agli altri e cerca di neutralizzare i propri pensieri, seguendo tecniche meditative e leggendo materiale che possa aiutarla nella gestione del disagio.
Appare di assoluto rilievo lo scenario socio-affettivo in cui le situazioni prendono forma e l’incontro che la ragazza fa con un gigante buono, che in qualche modo la aiuta a riconsiderare una prospettiva esistenziale a colori, piuttosto che in bianco e nero. Nella descrizione psicologica non mancano, per giunta, cenni relativi alla sua vulnerabilità storica.
Il racconto offre spunti interessanti, tra cui riferimenti alle tecniche buddiste in linea con la mindfullness; accenni a Jung e dialoghi filosofici, in una combinazione di personaggi bizzarri e saggi al contempo.
La lettura di questa novel in versione a fumetti del DOC potrebbe costituirsi come ottimo strumento metaforico: in quanto storytelling, può aiutare a far luce sui meccanismi principe del disturbo, sollecitando processi meta-riflessivi nel lettore e una presa di coscienza circa le proprie problematiche.
D’altronde, anche Allen H. Weg segnalava come il raccontare storie potesse essere un’ottima metodica, in grado di attivare, all’interno del setting, una forte alleanza terapeutica e fungendo da catalizzatore, che, andando oltre i meccanismi razionali e le obiezioni propri del DOC, eliciti la comprensione emotiva.
In generale la narrazione viene concepita come uno strumento che riflette il mondo affettivo emotivo della persona e i suoi valori, ed è un mezzo di trasmissione culturale ed educativa. Come afferma Bruner, il narrare “converte l’esperienza individuale in una mente collettiva”, così da poter circolare su una base più ampia rispetto al semplice rapporto interpersonale diretto.
Infine appare importante evidenziare due aspetti:
- i personaggi positivi della storia sottolineano come sia fondamentale condividere con gli altri il proprio vissuto al fine di trovare delle risorse relazionali e affettive che fungano da fattori protettivi;
- la lettura del disturbo ossessivo e la sua espressione si manifestano in modo trasversale, a prescindere dal contesto sociale di riferimento, in quanto fenomeno specifico caratterizzato da segnali salienti e costanti.
Per approfondimenti:
Weg A. H. (2010), OCD Treatment through storytelling: a strategy for successful theraphy, Oxford.
Mancini F. (2016), La mente ossessiva, Raffaello Cortina Editore.
Bruner J. (2002), La fabbrica delle storie: diritto, letteratura, vita, Editori Laterza.
Dillon G. (2012), The Nao of Brown, Abrams Inc.