La violenza sulle donne ha radici culturali specifiche, nutrite dal mito dell’amore romantico che intreccia l’idea di passione a quella di relazioni intime violente e che illude con promesse il più delle volte false. È promossa da stereotipi di genere che hanno diffuso e favorito un prototipo di donna debole, metà di una mela, incompleta senza un uomo nel ruolo di principe e salvatore. È spinta da un substrato culturale che vede nei principi di tolleranza e sacrificio a tutti i costi, la formula per il buon funzionamento della relazione e alla quale si affianca l’idea che la realizzazione personale della donna sia seconda a quella dell’uomo e al matrimonio. Così, sebbene sembrino lontani i tempi in cui Franca Viola vinceva la sua guerra per l’abolizione del matrimonio riparatore che avrebbe salvato, secondo la legge e la morale dell’epoca, l’onore della ragazza “svergognata” dallo stupro, vent’anni dopo sono ancora numerose le donne vittime di violenza nelle relazioni intime, violenza sessuale, fisica, psicologica, emotiva ed economica. Quando la passione si trasforma in potere, il desiderio in controllo, l’amore in dipendenza, siamo di fronte a uno scenario diverso da quello che ci si aspettava. Infatti, se nelle favole vissero tutti felici e contenti, nella realtà può accadere che dietro quel principe si nasconda il cavaliere nero.
Che cosa accade allora quando il sogno si trasforma improvvisamente nel peggiore degli incubi? Se l’unica soluzione, sotto gli occhi di tutti, è terminare la relazione, in pratica il più delle volte tale decisione sembra essere impossibile da intraprendere per gli attori coinvolti. Quando la relazione rende infelici e non si riesce a porvi fine, ci troviamo in una condizione conosciuta come dipendenza affettiva: si diviene disposti a trascurare il proprio benessere, i propri interessi e le proprie amicizie per l’altro. Ci si reputa incapaci a sottrarsi a queste relazioni tormentate per paura della solitudine e del senso di vuoto, costringendosi a sostare nel malessere con conseguenze devastanti a livello fisico, psicologico e economico.
La violenza sulle donne è una conseguenza gravissima della dipendenza affettiva ed è riconosciuta come reato, ma nonostante questo, è ancora oggi una delle violazioni più diffuse dei diritti umani, colpendo donne di qualsiasi età, gruppo etnico, cultura e classe sociale. In tutto il mondo, una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica, psicologica o sessuale. In alcuni paesi, questo rapporto drammatico aumenta, coinvolgendo sette donne su dieci. Infine, nonostante la salienza del problema, i dati dimostrano che sono ancora numerose le donne vittime di violenza che non hanno ancora denunciato o che hanno purtroppo fatto marcia indietro.
Che cosa si può fare? La violenza sulle donne non è inevitabile. La prevenzione è, infatti, possibile ed essenziale. Un ruolo chiave nella lotta per l’eliminazione della violenza sulle donne è ricoperto dall’informazione. È necessario educare i bambini al rispetto verso tutte le creature viventi, le ragazze dovrebbero essere istruite al rispetto di loro stesse e a seguire modelli di donne forti, intelligenti e indipendenti, a riconoscere i segnali di una relazione negativa e a sentirsi libere di esprimere se stesse senza paura. Dal punto di vista dei professionisti del settore, sono necessari studi finalizzati allo sviluppo di protocolli di trattamento psicologico che superino le diverse criticità sollevate in termini di efficacia scientifica e drop-out (interruzione prematura della terapia) che comportano il ritorno della vittima nella condizione di dipendenza affettiva.
In occasione e a sostegno della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che cade ogni 25 Novembre, cognitivismo.com dedica una rubrica che raccoglierà articoli specifici su tale problematica dal titolo provocatorio “Se mi lasci Mi cancello? Dipendenza affettiva e violenza di genere”, all’interno della sezione divulgativa. Tale rubrica ha lo scopo di aiutare le donne con dipendenza affettiva patologica e le vittime di violenza domestica a comprendere le dinamiche psicologiche che le hanno imprigionate dentro la relazione tossica, in termini di emozioni, comportamenti e pensieri. L’obiettivo è abbracciare finalmente l’idea che la vera favola si scrive con il rispetto reciproco, con la presenza e le cure e non con gli abusi, il possesso e il potere. L’invito è a rompere il silenzio, a condividere la propria storia, a non correggere le violenze subite come proprie responsabilità, affogando nella vergogna e nel giudizio ma disinnescando l’ancora vivo mito del “non posso vivere senza di te”, per arrivare di concerto a dimostrare che “se mi lasci NON mi cancello”.
Se ti trovi in una relazione di dipendenza affettiva e non sai come uscirne, sei vittima di abusi sessuali, fisici, psicologici o economici o se conosci qualcuno in queste condizioni rompi il silenzio, chiedi aiuto.