Mentire a me stesso? Ma no, non è vero!

di Emanuela Pidri

 L’autoinganno, una strategia inconsapevole per fronteggiare conflitti dolorosi

 Ogni essere umano desidera essere felice ma un importante ostacolo alla felicità è ciò che impedisce di conoscerci meglio e di sviluppare le nostre possibilità. Una caratteristica comune a tutti gli individui è la tendenza a mentire a se stessi. L’ingannarsi potrebbe assumere due forme differenti: dissonanza cognitiva, allo scopo di non essere in errore e autoinganno, allo scopo di non soffrire. Con la parola “autoinganno” si è soliti indicare un insieme di fenomeni che caratterizzano una condizione di scarsa trasparenza o completa oscurità, in cui un individuo può venire a trovarsi nei confronti dei propri pensieri o delle ragioni che lo portano a compiere determinate azioni.
Aristotele introduce il concetto di “akrasia”, descrivendo una condizione di incontinenza, volubilità della volontà, una mancanza di controllo razionale sulle proprie azioni e sulle proprie scelte. Sartre, invece, ruota intorno all’idea che “nella malafede è a me stesso che io maschero la verità”: una sorta di autoinganno al fine di mascherare una verità spiacevole, tentativo di fuga da sé, cronica difesa nei confronti della propria identità, ripiegamento di fronte all’angoscia. Nella prospettiva di Davidson, l’autoinganno è definito come un comportamento o una condizione irrazionale, la cui semplice descrizione non può essere separata dai principi di razionalità ampia e condivisa. Distingue l’autoinganno dall’akrasia, poiché quest’ultima prevede un fallimento o un’incoerenza nell’azione, laddove l’autoinganno prevede, soprattutto, un’incoerenza cognitiva, cioè un’incoerenza tra credenze. D’altro canto, akrasia e autoinganno, nella prospettiva di Davidson, sono accomunati dal fatto che la loro spiegazione si avvale di una medesima teoria della mente, la quale prevede che si diano parti o aree della mente tra loro distinte che operano come strutture semiautonome, ciascuna delle quali è rappresentabile come un reticolo di credenze e di stati mentali, che si intersecano e si sovrappongono ad altre strutture in modo incoerente, generando dei conflitti.
L’autoinganno, dunque, è assimilabile a strategie, non pienamente consapevoli, tese a fronteggiare un’informazione dolorosa. Si mente riguardo tutti gli aspetti problematici, si mente per il bisogno di pensare positivamente di se stessi, perché non ci si vuole sentire inadeguati, perché si è arrabbiati con le persone che invece si crede di amare. A partire dalle teorie riguardanti l’autoinganno e la dissonanza cognitiva, è evidente come la dissonanza cognitiva sia uno pseudo-scopo naturale, attraverso il quale la persona cerca di ristabilire una coerenza, producendo un cambiamento nell’ambiente, modificando il proprio comportamento o le proprie rappresentazioni cognitive; mentre l’autoinganno è relativo al sé, all’amor proprio, al valore personale. Se l’autoinganno, da una parte, protegge la persona dalla sofferenza psicologica, dall’altra richiede un costo troppo alto, rendendo il soggetto rigido, conformista, non disponibile alla crescita personale, guardingo, ostile. Ognuno, invece, può trovare il coraggio di affrontare ciò che appare come un ostacolo, una frustrazione, una perdita, una minaccia, ricordando che non si è tenuti a comportarsi come supereroi o dèi; piuttosto, si può migliorare, secondo quanto è in proprio potere, ciò che è importante, senza nulla togliere al fatto che si è esseri umani imperfetti. L’accettazione e la consapevolezza del limite non sminuiscono il proprio valore personale, anzi lo rendono più vero, più umano. Chi conosce se stesso conosce anche i propri i limiti e solo chi conosce i propri limiti può attraversarli.

Per approfondimenti:

 ARISTOTELE, a cura di C. Mazzarelli. Etica Nicomachea, Bompiani, 2000

BONAZZI M., Filosofia antica, Milano, Cortina, 2005

COOPER J. (2007). Cognitive Dissonance: Fifty Years of a Classic Theory, Los Angeles, SAGE Publications.

 DAVIDSON, D. (1998), «Who Is Fooled?», in J.-P. DUPUY (a cura di), Self-Deception and Paradoxes of Rationality, CSLI Publications, Stanford, pp. 1-18.

DAVIDSON D. (1980), Actions, Reasons and Causes, in ID., Essays on Actions and Events, Oxford, O.U.P.; trad. it. 1992, Azioni, ragioni, cause, in Azioni ed eventi, Bologna, Il Mulino, pp. 41-61.

DAVIDSON D. (1982), Paradoxes of Irrationality, in ID., Problems of Rationality, Oxford, O.U.P., 2004, pp. 169-187; trad. it.: Paradossi dell’irrazionalità, in Studi Freudiani, a c. di D. Meghnagi, Milano, Guerini e Associati, 1989, pp. 17-41. [cui si riferiscre il numero di pagina riportato nel testo].

DAVIDSON D. (1985), Deception and Division, in Actions and EventsPerspectives on the Philosophy of Donald Davidson, ed. by E. Lepore, B.P.

FESTINGER L. (2001). Teoria della dissonanza congitiva. Franco Angeli.

SARTRE J.P. (1943). L’essere ed il nulla. Net, 2002

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