Perchè si uccide? Fattori di Rischio Psicosociali e del Neurosviluppo negli assassini seriali e di massa.

di Valentina Di Mauro
curato da Elena Bilotta

Proprio l’imperiosità del comando “non uccidere” ci assicura che discendiamo da una serie lunghissima di generazioni di assassini i quali avevano nel sangue, come forse ancora abbiamo noi stessi, il piacere di uccidere.
SIGMUND FREUD

Le domande sul perché qualcuno vorrebbe uccidere un gran numero di esseri umani non hanno risposte e la maggior parte delle discussioni si focalizzano sui fattori precipitanti degli omicidi, sia seriali che di massa.

Bisogna iniziare con il definire e differenziare le due tipologie prese in esame dalla letteratura: il serial killer (assassino seriale) è colui che uccide in almeno tre occasioni con un periodo di “raffreddamento” nel mezzo. È sottolineata l’importanza del periodo intermedio, per il fatto che ogni evento omicida sia vissuto come emozionalmente distinto e separato. I delitti hanno ciclicità temporale. Invece il mass murderer (assassino di massa) uccide quattro o più persone all’interno dello stesso luogo e dello stesso episodio.

Nonostante la mancanza di conoscenza della prevalenza di omicidi di massa e omicidi seriali, ci sono state notevoli speculazioni sul ruolo dei diversi fattori psicosociali e biologici coinvolti nell’eziologia di questi eventi e i risultati della ricerca offrono prove conflittuali. Per esempio, in uno studio retrospettivo fatto con valutazioni psichiatriche forensi di 57 detenuti adolescenti accusati di un omicidio, il 64% ha avuto problemi durante lo sviluppo.È frequente  la presenza di diagnosi neuropsichiatriche nell’infanzia nei soggetti che commettono omicidi multipli, come ADHD, disturbo della condotta, disturbi dello spettro autistico (DSA), disturbi da tic e ritardo mentale..

Altri autori suggeriscono una associazione tra DSA e comportamento omicida, con casi diventati tristemente famosi alle cronache come quelli di Adam Lanza, James Holmes e Anders Brievik, tutti con diagnosi DSA. Tale associazione ha portato alla proposta da parte ci una autore di un sottotipo diagnostico denominato Criminal Autistic Psychopathy.Oltre ai tratti autistici, un aspetto spesso presente nei serial killer sono le lesioni cerebrali, con dati che supportano una prevalenza di  un serial killer su quattro con danni cerebrali da lesione o (più raramente) da condizione patologica cerebrale, come ad esempio danni da meningite.

Uno articolo abbastanza recente Allely et al., (2014) si è proposto di fare una revisione sistematica della letteratura per sintetizzare i contributi relativi agli  effetti combinati di stressor psicosociali, lesioni cerebrali e autismo nell’incidenza dei comportamenti omicidi seriali e di massa.

La letteratura sul tema mostra che  l’abuso psicologico e/o fisico e il neglect  sono caratteristiche presenti nell’infanzia di molti serial killer. La ricerca sull’impatto dell’abuso e della trascuratezza nell’infanzia testimonia che i bambini fisicamente, sessualmente o emotivamente abusati avevano tre volte più probabilità di diventare adulti violenti. Altri studi hanno trovato che l’umiliazione ripetuta o minacce all’autostima (la cosiddetta “ferita narcisistica”)vissute nella prima infanzia, contribuiscono in modo sostanziale allo sviluppo di una personalità con comportamenti omicidi. Una serie di autori considerano le fantasie sessuali sadiche o controllanti come fattori associati a un aumento del rischio di comportamento omicida, ma è presente una controversia sull’origine di queste nel trauma dissociativo. È stato anche suggerito che il DSA possa essere un fattore importante nella promozione di fantasie sessuali devianti in alcuni serial killer. Nella review di Allely e collaboratori, di 239 assassini presi in considerazione, 133 non avevano alcuna prova di lesione cerebrale o DSA; 106 avevano un DSA e/o lesione cerebrale, dei quali 58 erano assassini di massa e 48 assassini seriali. Tra i 106 assassini con DSA e/o lesione cerebrale, il 55% aveva sperimentato importanti fattori di stress psicosociali.

La ricerca sugli omicidi di massa o seriali è ancora agli inizi, eppure ci sono prove che dimostrano che problemi del neurosviluppo, quali DSA oppure lesioni cerebrali interagiscono in modo complesso con fattori psicosociali nello spiegare tali comportamenti devianti. È un campo, questo, in cui la ricerca può aiutare a comprendere i meccanismi che sottendono queste forme di violenza estrema, anche con l’obiettivo di sviluppare strategie di intervento preventive. Inoltre, sarebbe utile creare un metodo di valutazione internazionale standardizzato per indagare le singole caratteristiche di ogni assassino incarcerato, in modo da poter studiare con più sistematicità la prevalenza dei disturbi in questa categoria e conoscerne la prevalenza, l’eziologia e formulare possibili traiettorie di sviluppo

Per approfondimenti:

Allely C.S., Minnis H., Thompson L., Wilson P.,  Gillberg C. (2014) Neurodevelopmental and psychosocial risk factors in serial killers and mass murderers. Aggression and Violent Behavior 19:3, 288-301.

 

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