di Benedetto Astiaso Garcia
Quali sono gli aspetti specifici della funzione di padre? Quali derive sociali e psicologiche comporta l’eclissi di tale ruolo?
La figura del padre, sin dallo sviluppo del bambino, si manifesta attraverso una ferita: la rappresentazione simbolica del distacco, della perdita e dell’abbandono della totalità psichica del fanciullo. La ferita conferisce alla vita un senso di finitudine, limitatezza e direzione. Essere padre significa, in prima istanza, insegnare che la vita non rappresenta solamente appagamento, conferma e gratificazione; ciò genera un necessario trauma, affettivo e psicologico, di interruzione del legame simbiotico con il materno.
L’indispensabile ferita paterna è la condizione senza la quale non esisterebbe la legge in quanto istituzione dell’ordine umano e la realtà sarebbe ridotta a un caotico e illimitato principio del piacere. Contrastare il narcisistico senso di onnipotenza del bambino, infatti, significa favorire processi di accettazione, che lo portano a introiettare vincoli e regole funzionali allo sviluppo psicologico. Una mancata introiezione dell’imago paterna, invece, genera caos, anarchia e fantasmatica ricerca di senso, significato, appartenenza e ordine costituito.
Dati questi presupposti, l’essere genitori deve necessariamente passare attraverso una responsabilizzazione del proprio ruolo. In primo luogo, bisogna accettare di non poter incarnare nei confronti del figlio, spesso diverso per progettualità e sistema valoriale, il ruolo di salvatore o anestetico verso una realtà non sempre facile da accettare. Questo, tuttavia, non significa rinunciare alla propria responsabilità; come per l’Horror Vacui, infatti, concetto della fisica aristotelica per cui non possono esistere spazi vuoti di materia nel mondo reale, così, anche nella genitorialità, lasciare un buco affettivo significa delegare inesorabilmente l’educazione e lo sviluppo di un figlio a terzi. Essere intolleranti verso i propri fallimenti, infine, non permette di accettare quelli dei figli, rischiando di proiettare su di loro bisogni, desideri e aspettative personali, destinate a essere frustrate e a generare vissuti emotivi di rabbia e colpa.
La letteratura greca e latina offre interessanti spunti di riflessione circa la genitorialità paterna, attraverso le figure di Telemaco, nato il giorno in cui il padre Ulisse partì per la guerra di Troia, ed Enea, mitico progenitore di Roma. Il primo, guidato da Atena, dopo tanto vagare ritrova il padre nel suo ritorno a Itaca, sperimentando la pienezza nel riabbracciare le proprie radici e origini. Il secondo, invece, costretto a separarsi dalla propria patria in rovina, solamente dopo averne accettato la perdita, insieme al padre Anchise, diventa realizzatore di un nuovo meraviglioso progetto.
Queste figure letterarie illuminano l’attuale bisogno della figura paterna e le conseguenze della sua mancanza. Una società che fugge la sofferenza, evita l’esperienza del limite e promuove una visione relativistica della realtà, non soddisfa l’innata necessità di ricercare una legge esterna da seguire, producendo una generazione intollerante di fronte al fallimento, all’attesa e al sacrificio. Eludere il senso del limite crea un’illusione di grandiosità, destinata a sciogliersi violentemente come le ali di cera di Icaro, che rifiutò la sapienza paterna in termini di privazione finalizzata a una crescita futura. Togliere significato all’esperienza della sofferenza e della morte, ribellandosi al senso di finitudine, significa rimanere in silenzio di fronte alla costante richiesta filiale di significato. L’amore paterno verso i figli necessita di esprimersi attraverso la trasmissione di un dono indispensabile: offrire una frontiera di senso. Una società incapace di sperimentare la perdita guida spietatamente verso un principio di insoddisfazione, destinato a scardinare ogni elemento che possa toccare una ferita mai cicatrizzata.
Omero, nell’Odissea, esprime attraverso Telemaco il più grande bisogno della società contemporanea: “Se quello che i mortali desiderano potesse avverarsi, per prima cosa vorrebbero il ritorno del padre”.
Per approfondimenti:
JUNG C.G., “Anima e Morte”, Borinchieri, Torino, 1978
RECALCATI M., “Cosa resta del padre?”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017
RISE’ C., “Il padre: l’assente inaccettabile”, Edizioni San Paolo, Milano, 2003
RISE’ C., “Il mestiere di padre”, Edizioni San Paolo, Milano, 2004