di Giuseppe Grossi
Raggiungere i propri obiettivi, conquistando ogni giorno una piccola meta, senza mai assaporare il piacere di quanto raggiunto
I racconti di alcuni pazienti, ossessionati dai doveri e dal poco tempo a disposizione, a volte aprono, nella mente del terapeuta, l’immagine del Bianconiglio e la descrizione del mondo fantastico della Regina di cuori, descritta da Carroll nel suo romanzo “Alice nel paese delle meraviglie”.
Non è difficile imbattersi in persone preoccupate per il tempo che scorre e ossessionate dalla paura di perdere del tempo che non si ha. Come il Bianconiglio, che consulta affannosamente il suo orologio preoccupato per il ritardo che lo metterebbe in cattiva luce presso la Regina, hanno difficoltà ad accettare i fallimenti e le novità e ne restano sempre terrorizzati difronte.
Cosa è giusto e cosa sbagliato? Quale sentiero ci riporta a casa e quale alla Regina di cuori? Cosa è grande e cosa piccolo? Cosa reale e cosa immaginario? Come nel mondo fantastico di Alice, a volte capita che il paziente, con il proprio terapeuta, scopra realtà sconosciute, spesso paradossali ai suoi occhi. Folli, perché contrarie al suo abituale modo di sentire. Realtà molte volte nascoste, sotterrate dal paziente e dalla sua storia, ma le uniche forse capaci di renderlo veramente felice.
Cosa allora è importante? Cosa conta realmente? Quanto la smania di controllare ciò che faccio e che gli altri fanno, di esser puntuale e mai in ritardo, di seguire ciò che convenzionalmente è giusto, mi rendono felici? Quanto è giusto perseguire la mia felicità se questa mi allontana dall’immagine del Bianconiglio?
Storie di pazienti che a un certo punto hanno chiaro che alcuni progetti non sono più percorribili o semplicemente che non riescono più a trovare le energie per portarli avanti.
Spesso sono persone capaci, che riescono a raggiungere sempre i loro obiettivi, conquistando ogni giorno una piccola meta, senza mai assaporare il piacere di quanto raggiunto, senza mai sentirsi soddisfatti per quello che hanno conquistato. A volte sono solo vittime delle loro aspettative o di quelle degli altri, oppure di modelli interiorizzati, ereditati dalla cultura di appartenenza, dalla società in cui vivono o dalla religione che praticano.
Persone brillanti con delle grosse competenze e delle capacità sopra la media, ma da anni tormentati dal tempo che scorre e da ciò che non hanno fatto più che da ciò che sono riusciti a conquistare. Spesso sono pazienti afflitti negli anni da momentanei ma continui stati depressivi, incastrati nei propri meccanismi ruminativi o rimuginativi, alla ricerca di una soddisfazione confinata a un concetto di perfezione richiesta solo dall’ambiente che li circonda. Una soddisfazione che non è raggiungibile perché lontana da ogni obiettivo concreto, in una vita avvilente perché combattuta ogni giorno per allontanarsi dai propri fallimenti e da quel senso di frustrazione che si fatica a tollerare e si cerca a tutti di costi di contrastare. Una partita giocata con una sola porta, la propria, alla continua ricerca, disperata, di non subire un goal che inevitabilmente arriverà se si decide di giocare la partita e vivere la propria vita.
Sono questi i pazienti a cui si deve costantemente ricordare che la gioia e il dolore non viene mai misurato da un orologio, che non si può definire ciò che ci rende felice né inseguire soltanto ciò che è convenzionale e giusto per il mondo che ci circonda, fuggendo costantemente da quel senso di insoddisfazione da cui non si può scappare.
Insomma: Fuggire puoi, scappare mai! E, in fondo, come il Bianconiglio – che nel romanzo di Carroll alla domanda di Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”, risponde: “A volte, solo un secondo”- sei anche tu consapevole di quanto tutto sia relativo.