La coscienza nell’opera di Giovanni Liotti

di Benedetto Astiaso Garcia

“La coscienza è qualcosa che crediamo di conoscere finché qualcuno non ci chiede di definirla”. Gerald Edelman

La coscienza, riguardando la persona intesa come realtà intrinsecamente relazionale, è un processo continuo che necessita di essere considerato come una dimensione sovraordinata a quella dell’individuo isolato. La relazione esistente fra la persona e il suo mondo appare come un concetto imprescindibile nella comprensione della coscienza, attribuendo a quest’ultima un carattere sociale attraverso cui essa risulta comprensibile esclusivamente in una prospettiva interpersonale.

Come illustrato da Giovanni Liotti nella sua opera “La Dimensione Interpersonale della Coscienza”, il senso di Sé, illusoriamente considerato come autosufficiente, può essere ritenuto una qualità evoluzionisticamente emergente in termini di intersoggettività e relazionalità, rappresentando dunque un vissuto condiviso già a partire dall’esperienza di attaccamento in termini di sincronia delle alterazioni della coscienza nel bambino ed in chi lo accudisce.

La vita relazionale dell’uomo si fonda su innate forme di interazione sociale, ovvero sistemi motivazionali frutto dell’evoluzione della specie. Tali costrutti, atti a mediare le operazioni relazionali, possono essere così identificati: Sistema di Attaccamento, Sistema di Accudimento, Sistema Agonistico, Sistema Sessuale e Sistema di Cooperazione Paritetica. La coscienza offre dunque all’individuo la capacità e la possibilità di evitare l’attivazione di un determinato sistema motivazionale interpersonale, permettendo una gestione più elastica dei conflitti e offrendo la possibilità di scegliere le interazioni cooperative in vista di un obiettivo comune.

Alla luce delle presenti considerazioni, il fondamentale vantaggio evolutivo offerto dalla coscienza è descritto dalla possibilità di formulare ipotesi sullo stato motivazionale interiore dei conspecifici con cui si entra in relazione.

La funzione della coscienza umana, comprensibile solamente da una prospettiva interpersonale, non rappresenta perciò un epifenomeno delle attività celebrali, incarnando invece un’accezione di “comunicazione complessa”, capace di implicare scambi di messaggi riguardanti il presente percettivo, il passato e il futuro possibile. Attraverso i neuroni specchio, l’architettura del cervello si è dunque evoluta in maniera tale da poter percepire l’altro come un essere intenzionale e dotato di un’esperienza emozionale simile alla propria.

La prospettiva liottiana suggerisce che il funzionamento ottimale della coscienza sia possibile a partire da condizioni relazionali quali un attaccamento sicuro e una cooperazione fra pari, capaci di riflettere un senso di Sé continuo e unitario. L’osservazione clinica, la ricerca neuropsicologica, le riflessioni filosofiche e i contributi antropologici convergono nell’offrire l’impressione di una socialità intrinseca, frutto dell’evoluzione, sulla cui base si fonda il senso di Sé e la coscienza.

Come affermava Martin Buber, “chi sta nella relazione partecipa a una realtà, cioè a un essere, che non è puramente in lui né puramente fuori di lui”.
Per approfondimenti:

Liotti G., “La Dimensione Interpersonale della Coscienza”, Carocci Editore, Roma, 2015

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