di Sabrina Bisogno
revisionato da Barbara Barcaccia
Mindfulness è la traduzione di sati, termine in lingua pali genericamente tradotto in italiano come consapevolezza. Il testo di Henepola Gunaratana “La pratica della consapevolezza in parole semplici” accompagna il lettore nell’approfondimento di uno stile specifico di meditazione, la meditazione vipassana. Questo termine viene da due radici: passana, che significa “vedere”, e vi, che significa “in maniera speciale/in profondità”. La consapevolezza è paragonabile a ciò che osserviamo con la visione periferica, in contrasto con la messa a fuoco della visione centrale.
Secondo Gunaratana consapevolezza è quell’attimo prima che la nostra mente produca pensieri sugli oggetti in esame, quell’attimo prima che la mente dica: “ecco un cane”. È osservazione non giudicante, è la capacità della mente di osservare senza etichettare in “buono/cattivo”, “giusto/sbagliato”. Il meditante osserva, al pari dello scienziato al microscopio, le esperienze così come sono, per quanto possibile senza pre-concetti.
L’autore mette in luce quanto sia complicato spiegare a parole la consapevolezza e quanto lo si comprenda bene solo con la pratica. Chi medita procede, nel tempo, alla coltivazione della consapevolezza o presenza mentale.
La meditazione vipassana è la capacità di ascoltare attentamente, vedere attentamente, gustare attentamente. Ma che cosa si ascolta, si vede, si gusta nella meditazione?
Gunaratana sottolinea che il campo di studio è la nostra stessa esperienza, i nostri pensieri, sensazioni, percezioni. Chi medita, nel tempo, diviene maggiormente capace di osservare, con calma, impulsi, pensieri ed emozioni nel momento in cui si presentano alla mente e diviene consapevole dell’impatto che hanno su di sé. Osservare le esperienze nel momento stesso del loro apparire è sicuramente difficile, stare alla presenza di un’emozione negativa o di un pensiero che ci turba o di una sensazione spiacevole è faticoso. Eppure non è possibile affrontare veramente qualcosa se siamo impegnati a negarne l’esistenza.
È importante accettare di essere spaventati per poter osservare e gestire la nostra paura, così come per la rabbia, la noia, la tristezza, etc. Accettazione intesa proprio come la disponibilità a rimanere presenti, consapevoli, in compagnia di qualsiasi esperienza si manifesti.
Gunaratana fa un interessante collegamento tra consapevolezza e salute mentale. Salute, ci dice, è la capacità di osservare ciò che sta realmente accadendo dentro di noi. Le sue parole aiutano a riflettere su quanto la sofferenza psichica non sia determinata da ciò che esperiamo, dalle emozioni o dai pensieri in sé ma da ciò che ce ne facciamo, dai nostri tentativi di negare, reagire, controllare. Sviluppare la consapevolezza dunque ci permette di comprendere come gli eventi ci fanno sentire, come reagiamo solitamente a essi, e magari aiutarci a trovare nuove strategie, più efficaci, per gestire le difficoltà.
La consapevolezza è un’attenzione “nuda”, osserva qualsiasi cosa così com’è. Mentre il pensiero cosciente “sovraccarica” la nostra esperienza di concetti e idee, la consapevolezza ci allena a cogliere la verità dell’esistenza imparando a vedere il continuo flusso, il movimento continuo e costante del cambiamento.
“Il punto di vista della meditazione è che, solo attraverso l’accettazione della realtà delle cose così come sono, per quanto spaventose o dolorose possano essere, cambiamento, crescita e guarigione possono prodursi …”
Per approfondimenti:
Henepola Gunaratana, La Pratica della Consapevolezza in parole semplici, trad. it. di Neva Papachristou, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma (1995).
Jon Kabat-Zinn, Vivere Momento per Momento, trad. it. A. Sabbadini, Corbaccio editore, 2016.