I meccanismi psicologici degli interventi basati sulla mindfulness

di Giulia Armani
curato da Alberto Chiesa

La mindfulness può essere definita come la consapevolezza che emerge dal prestare attenzione in maniera intenzionale e in assenza di giudizio, al momento presente.
Negli ultimi anni sono state sviluppate diverse tecniche basate sulla mindfulness, che hanno unito la tradizione orientale della meditazione con le conoscenze cliniche del mondo occidentale.
Nonostante sia stata ormai ampiamente dimostrata l’efficacia di tali interventi per una vasta gamma di disturbi, ancora poca chiarezza si è fatta sui meccanismi psicologici che ne sono alla base. Comprendere quali sono i fattori su cui agisce la mindfulness permetterebbe di identificare i principi che accomunano le varie tecniche e di affinarle, puntando su ciò che ha maggiore efficacia.

Chiesa e collaboratori hanno messo in luce, passando in rassegna diversi studi recenti, alcuni punti chiave nel funzionamento degli interventi basati sulla mindfulness:
– La pratica di tali tecniche, indipendentemente dal tipo di intervento usato e dalla condizione clinica del soggetto, aumenta i livelli di mindfulness percepita soggettivamente. Mettendo a confronto gruppi che hanno ricevuto interventi basati sulla mindfulness, con gruppi di controllo di diverso tipo (sia condizioni aspecifiche, come l’inserimento in una lista d’attesa, la psicoeducazione o gruppi di supporto sociale, sia specifiche, come uso di antidepressivi o tecniche di rilassamento muscolare) emerge che l’incremento dei livelli di mindfulness è maggiore nei gruppi che usano gli interventi basati su di essa, rispetto agli altri. Questo sembra dimostrare che tale incremento della mindfulness sia da attribuire specificatamente alla pratica di questa e non a fattori generici, come l’aspettativa di un miglioramento, le cure di un professionista o il supporto del gruppo.
– L’aumento dei livelli di mindfulness sembra predire un miglioramento del quadro clinico dei pazienti, per una vasta gamma di sintomi: ansia, stress percepito, emozioni negative, sintomi depressivi. Anche in soggetti sani maggiori livelli di mindfulness sono connessi a un aumento del benessere percepito.
– Vi è una significativa relazione inversa tra mindfulness e ruminazione, dove all’aumentare della prima, si riduce la seconda. La diminuzione della ruminazione potrebbe quindi essere il meccanismo attraverso cui la pratica della mindfulness porta a così tanti benefici in pazienti e soggetti sani.
– Alti livelli di mindfulness sono legati a un aumento dell’auto compassione, il sentimento di gentilezza e cura verso sé stessi e la propria sofferenza. A sua volta, sembra che l’auto compassione abbia un ruolo importante nel determinare il miglioramento clinico.
– Emerge una relazione inversa tra i livelli di mindfulness e le strategie di evitamento esperienziale. Pare, cioè, che gli interventi basati sulla mindfulness agiscano riducendo l’evitamento delle situazioni che producono sentimenti negativi.
– La mindfulness sembra andare ad agire anche sulla reattività cognitiva, diminuendola. Per reattività cognitiva si intende il grado in cui uno stato emotivo disforico riattiva schemi di pensiero disfunzionali che fanno ricadere in un episodio depressivo.
– Vi è un’associazione tra alti livelli di mindfulness e maggiore intelligenza emotiva, che si traduce in una migliore regolazione delle emozioni.

Tali risultati, seppur da considerare con cautela per via dei limiti di alcuni studi, possono indirizzare la ricerca futura verso una maggiore comprensione del funzionamento della mindfulness.

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