Che relazione c’è tra la psicopatia e l’eroismo?
Antonio Spavone, ‘O malommo, è stato uno tra i più temuti e rispettati boss della Camorra.
Nel 1966, Spavone è a Firenze, detenuto nel carcere delle Murate. Il 4 novembre l’Arno rompe gli argini e copre la città di melma. In pochi sanno che, prima che gli angeli del fango facessero il loro ingresso sulla scena internazionale, ‘O malommo sta per guadagnarsi la grazia dal Presidente Saragat. Mentre i detenuti cercano scampo dalle acque che invadono l’edificio, Spavone trova il tempo di salvare tre carcerati, due agenti di custodia e la figlia del direttore. Nel caos alimentato dalla paura, il pericoloso criminale eviterà anche lo stupro di due detenute e di una guardia carceraria. Niente fiction ma autentici atti di eroismo.
Che relazione c’è tra la psicopatia e l’eroismo?
In una recente ricerca, è stato preso in esame il ruolo dell’orgoglio come promotore di comportamenti prosociali in soggetti psicopatici. L’orgoglio rappresenta un’alternativa alla colpa nella promozione della socializzazione. Un dato osservato già da Freud negli anni venti, quando il padre della psicanalisi suggeriva l’esistenza di un Super-Io che punisce i comportamenti inappropriati con l’induzione di colpa e un Io che invece ricompensa con l’orgoglio i comportamenti adeguati. A metà anni novanta Lykken teorizza come, in soggetti con propensione alla psicopatia, l’esposizione a un ambiente che favorisce le esperienze di orgoglio partecipa al mantenimento di una rappresentazione di sé positiva. Sentirsi buoni e competenti poi aiuta a incanalare le propensioni negative in modalità adeguate e più adattive. Tuttavia, l’orgoglio non sarebbe un costrutto unitario. Ne esisterebbero almeno due tipi, un orgoglio autentico e un orgoglio superbo (vanità). Il primo, adattivo, è orientato al merito e caratterizzato da correlati cognitivi del tipo “Ho messo in piedi la squadra, perché mi sono allenato”. Il secondo, invece, è un fenomeno più vicino al narcisismo maligno, con i corrispettivi correlati cognitivi del tipo “Ho messo in piedi la squadra perché ho talento”. Un altro costrutto, ampiamente descritto nella letteratura sull’antisocialità, è la fearless dominance, l’assenza di paura che, insieme all’orgoglio, rappresenterebbe per gli autori della ricerca l’ingrediente fondamentale dell’eroismo.
I risultati hanno però deluso le aspettative. L’ipotesi principale, secondo la quale l’orgoglio inibisce i comportamenti antisociali e promuove atti di eroismo, è stata solo parzialmente dimostrata. Nei soggetti con alti livelli di fearless dominance, l’orgoglio autentico può potenziare l’associazione tra la fearless dominance e i comportamenti pro-sociali (leadership adattiva), una relazione che però non si estende all’eroismo. Con una buona dose di incredulità, inoltre, è l’orgoglio superbo, quello cattivo, a moderare la relazione tra l’impulsività e i comportamenti antisociali, ma in una maniera protettiva.
Insomma, c’è speranza per quei bravi ragazzi e un ambiente che inoculi massicce dosi di orgoglio sembra in parte funzionare per farli sentire bravi davvero. Resta da capire se poi questo sia sufficiente a sostenere da solo il senso di giustizia. Chissà cosa ne pensano i detrattori delle moderne crime series alla Gomorra, quelli che inneggiano alla censura e che denunciano il rischio di contagio. A scanso di equivoci, ‘O malommo è stato eroe per un giorno. Sanguinario boss della camorra per tutta la vita.
Per approfondimenti:
Thomas H. Costello, Ansley Unterberger1, Ashley L. Watts1 and Scott O. Lilienfeld (2018) Psychopathy and Pride: Testing Lykken’s Hypothesis Regarding the Implications of Fearlessness for Prosocial and Antisocial Behavior. Frontiers in Psychology, 20;9:185. doi:10.3389/fpsyg.2018.00185