di Olga Luppino
Dall’ultima edizione del Congresso Nazionale Sitcc, che si è tenuta a Verona tra il 20 e il 23 Settembre scors arrivano spunti interessanti di riflessione e confronto circa le innovative proposte provenienti dalle terapie della terza ondata
Si è concluso da pochi giorni il XIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva che per ben 4 giornate, all’interno della magnifica cornice della città di Verona, ha favorito fruttuosi momenti di aggiornamento e scambio tra soci circa i temi più innovativi e più dibattuti dell’attuale panorama scientifico in ambito psicologico.
La teoria, la ricerca e la pratica clinica hanno fatto da ordito su cui i diversi simposi hanno declinato i numerosissimi casi clinici, filo conduttore dell’intero evento, in una prospettiva che ha esaltato la figura del terapeuta “modellista”, attento a cucire su misura l’intervento in funzione del singolo caso.
Un’attenzione ed uno spazio particolare hanno avuto, all’interno di simposi diversi, le terapie comportamentali definite di “terza onda”, il cui avvento negli ultimi anni ha favorito lo sviluppo di strategie e tecniche innovative non in rottura con quanto nel tempo costruito dal comportamentismo e dal cognitivismo ma certamente in continuità con esso. Un filone quello della terza onda, che ha spostato il focus dai contenuti cognitivi alla funzione e all’atteggiamento nei confronti di pensieri e emozioni e che ha ripensato strategie e tecniche enfatizzando sempre più la centralità del processo di accettazione lungo il percorso di intervento volto alla riduzione del disagio psicologico.
Sebbene piuttosto recentemente e in merito a situazioni in cui specificità del caso lo richieda, da numerosi lavori randomizzati e controllati giungono proposte circa l’integrazione degli interventi cognitivo-comportamentali classici con le tecniche promosse dalle terapie di terza onda (Schema Therapy, Mindfulness, Compassion Focused Therapy, Act etc.), sempre più capaci di costituirsi quali potenziali alternative di intervento specie nei casi di parziale risposta al trattamento o più semplicemente di scarsa compliance allo stesso.
In linea con il recente filone di interesse scientifico un intero simposio è stato dedicato alle recenti applicazioni degli approcci in questione nella concettualizzazione e nel trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo, per il quale la terapia cognitivo comportamentale (CBT) con Esposizione e Prevenzione della Risposta (ERP) costituisce pur sempre l’intervento di prima scelta.
Più nel dettaglio i lavori presentati all’interno del simposio si sono proposti di illustrare attraverso dati di ricerca e interventi sul caso clinico una possibile concettualizzazione del Doc secondo l’ottica e il linguaggio di alcuni degli approcci di terza onda.
In linea con la centralità, ad oggi ampiamente sostenuta dalla letteratura, delle esperienze precoci nello strutturarsi delle credenze disfunzionali alla base del Doc i lavori di Katia Tenore e di Teresa Cosentino. Il primo, muovendosi all’interno della cornice offerta dalla Schema Therapy, si è proposto di indagare la specificità di Schemi Maladattivi Precoci, Mode e stili di coping in un campione di pazienti ambulatoriali con diagnosi di Doc, riscontrando una significativa associazione tra la gravità del quadro clinico e la pervasività di specifici schemi quali Isolamento Sociale, Fallimento, Sottomissione e Punizione nonché del Mode Genitore Punitivo e degli stili di coping intrapsichico e di evitamento. Teresa Cosentino ha esemplificato invece le possibilità di applicazione dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) al trattamento del Doc, attraverso un caso clinico le cui specificità hanno favorito la scelta dell’approccio in questione al fine di ottenere una desensibilizzazione dei ricordi traumatici e una ristrutturazione cognitiva delle credenze disfunzionali ad essi collegate oltre che delle sensazioni somatiche e degli stati emotivi connessi.
L’intervento di Nicola Petrocchi ha sottolineato la possibilità di impiego di alcune tecniche della Compassion Focused Therapy al servizio della promozione di uno stato mentale di “accettazione del rischio”. Una visione quella proposta dalla Compassion Focused Therapy che basa il processo di cambiamento sull’attivazione della compassione, un sistema motivazionale derivante dal sistema del care-giving, che può garantire nel paziente un cambiamento spesso non semplice da ottenere solo attraverso un intervento diretto sulle sue credenze. Petrocchi, attraverso la descrizione di un caso clinico, ha illustrato come tecniche quali quella della figura compassionevole e del sé compassionevole possano favorire uno stato percepito di sicurezza e un aumento delle risorse interiori, capaci di promuovere la disposizione del paziente all’accettazione del rischio e dunque facilitanti il percorso di trattamento.
Emanuele Rossi infine, in linea con il crescente sviluppo, negli ultimi anni di ricerche e manuali sull’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) per bambini e adolescenti, ha illustrato attraverso un caso clinico esemplificativo l’applicazione delle strategie e delle tecniche ACT più recenti, al fine di orientare il paziente verso una maggiore flessibilità psicologica, una consapevolezza mindful nel momento presente, una maggiore disponibilità e apertura ai propri stati emotive, al servizio di scelte di vita in linea con i propri valori.
La riflessione sulle possibilità di integrazione è proseguita all’interno di simposi differenti; una sfida interessante si sono ad esempio proposti i colleghi che all’interno del simposio dal titolo “La relazione terapeutica nella terza onda” hanno cercato di ragionare sulla gestione della relazione terapeutica, questione trasversale ad ogni intervento clinico, alla luce delle nuove opportunità offerte dai più recenti approcci.
Lavori di ampio respiro dunque che hanno tentato di mescolare con maestria e naturalezza il vecchio e il nuovo al fine di arricchire il ventaglio delle possibilità oggi a disposizione rispetto all’intervento sul disagio psicologico.
Allo stato attuale, pur avendo offerto una più vasta gamma di strategie e tecniche alternative a cui attingere, la terza ondata non sembra essersi costituita quale vera e propria rivoluzione di paradigma quanto piuttosto quale proficuo e apprezzabile tentativo di affiancare alle solide basi del cognitivismo metodi, tecniche e protocolli di intervento innovativi. In tal senso risulta a mio avviso importante prendere atto di un chiaro movimento di apertura all’interno della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva nella direzione di una riflessione su approcci come quelli in questione che, in linea con quanto sostenuto in letteratura circa i determinanti psicologici prossimi e non della psicopatologia, esaltano il ruolo dell’accettazione quale processo, strategia e tecnica di cambiamento.