di Emanuela Pidri
L’effetto paradossale della valutazione negativa dei propri vissuti emotivi
La consapevolezza è uno stato mentale vigile che consente di osservare lo scorrere dell’esperienza interiore momento dopo momento e in modo non giudicante. Essere consapevoli significa orientare la propria attenzione a stimoli esterni e interni, nel “qui e ora”, in modo che nessuno sia sopraffatto dalla veemenza di pensieri, emozioni e sensazioni né sia guidato nelle proprie azioni e scelte dai propri contenuti cognitivi ed emotivi. Le pratiche di consapevolezza, conosciute con il termine “Mindfulness”, sono state applicate nel trattamento di pazienti con differenti quadri clinici, migliorandone la capacità di decentramento. Diversi studi hanno dimostrato che la consapevolezza è significativamente correlata al benessere emotivo; al contrario, avere un atteggiamento critico e giudicante verso i propri pensieri, emozioni, comportamenti è associato a psicopatologia. Le ricerche presenti in letteratura dimostrano come la ruminazione sia predittiva e mantenga il disturbo depressivo mentre la preoccupazione predice e mantiene il disturbo ansioso. Partendo da tali presupposti, si è studiato il ruolo della consapevolezza in correlazione con la ruminazione e la preoccupazione nello sviluppo di depressione o ansia. Uno studio guidato dalla psicoterapeuta Barbara Barcaccia esplora quali sfaccettature della consapevolezza siano implicate nell’associazione con ruminazione e preoccupazione, predicendo e mantenendo depressione e ansia. A 274 partecipanti di età compresa tra i 18 e i 74 anni sono stati somministrati il Five Facet Mindfulness Questionnaire, il Beck Depression Inventory, lo State-Trait Anxiety Scale, il Penn State Worry Questionnaire, il Ruminative Response Scale. Dall’analisi dei risultati si evince che la ruminazione e la preoccupazione sono strategie di coping disfunzionali coinvolte nell’esacerbazione e nel mantenimento di depressione e ansia. Anche la consapevolezza correla con ruminazione e preoccupazioni poiché il semplice atto di osservare i propri stati interiori può essere associato a un aumento di emozioni negative. Nello specifico, gli individui in grado di osservare i propri stati mentali tendono a preoccuparsi e ruminare in misura maggiore. Si nota una paradossalità: la consapevolezza aiuta le persone a riconoscere e, in seguito, a rompere i cicli ruminativi abituali, impedendo loro di rimanere intrappolati nella sofferenza; tuttavia, una sua componente aumenta la ruminazione e la preoccupazione e la probabilità di sviluppare ansia o depressione. Ciò significa che essere in grado di osservare i propri pensieri e sentimenti non equivale ad accettarli, né è di per sé vantaggioso, a meno che non si abbia un atteggiamento accettante e non giudicante. Individui consapevoli ma con atteggiamenti giudicanti verso le proprie esperienze interiori mostrano livelli più alti di ruminazione e preoccupazione. L’associazione tra autocritica o giudizio negativo verso sé e sviluppo di ansia o depressione è coerente con le teorie cognitive, rispetto le quali l’autocritica gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della psicopatologia, mentre la consapevolezza in termini di riconoscimento, osservazione e accettazione non giudicante della propria vita interiore è legata al benessere. Quando le persone criticano sé stesse e i loro sentimenti, pensieri ed emozioni, sperimentano livelli più alti di sofferenza. Un’implicazione clinica interessante dei risultati dello studio di Barcaccia potrebbe riguardare la possibilità di considerare l’autocritica come un meccanismo transdiagnotico di predittività e cronicizzazione della sofferenza, a cui il clinico deve porre attenzione nel piano di intervento psicoterapeutico. Il trattamento dovrà prevedere una fase di normalizzazione e accettazione non giudicante dei pensieri negativi, immagini mentali, sentimenti ed emozioni, obiettivo che potrebbe essere raggiunto sia dalla ristrutturazione cognitiva classica che da interventi e pratiche Mindfulness.
Per approfondimenti:
Barcaccia B. et al., (2019). The more you judge the worse you feel. A judgemental attitude towards one’s inner experience predicts depression and anxiety. Personality and Individual Differences 138, 33-39.