Una neurogenesi disregolata può favorire disturbi neuropsichiatrici come la depressione o l’ansia e influenzare la capacità di distinguere stimoli differenti, incrementando il malessere psicologico
La neurogenesi è il processo che induce la formazione di nuovi neuroni funzionali. Inizialmente si pensava che questo potesse accadere solo durante le fasi di embriogenesi e le fasi perinatali dello sviluppo del sistema nervoso; invece, negli ultimi due decenni, la ricerca ha stabilito fermamente che vi sia una nascita di nuovi neuroni anche nell’adulto in due zone germinali: il giro dentato dell’ippocampo e la zona subventricolare dei ventricoli laterali. I neuroni generati negli adulti formano connessioni sinaptiche e vengono integrati nel circuito. Negli esseri umani si stima che ci siano circa 700 nuovi neuroni che vengono aggiunti nel giro dell’ippocampo ogni giorno, che vanno a sostituire circa il 30% di tutta la struttura durante tutta la vita. Questi dati indicano che il numero dei nuovi neuroni incorporati nel circuito dell’ippocampo del cervello siano abbastanza numerosi da influenzare la funzione dell’ippocampo; inoltre, questi partecipano alla modulazione e al miglioramento di tutto il circuito neuronale, che riguarda sia la fisiologia regionale che la connettività funzionale di regioni cerebrali più distanti, come la corteccia prefrontale, l’amigdala e altre strutture all’interno del sistema limbico.
Diversi studi hanno dimostrato che una neurogenesi disregolata possa contribuire al manifestarsi di disturbi neuropsichiatrici come il Disturbo depressivo maggiore e l’ansia. La neurogenesi nell’ippocampo può essere ridotta sia da stress acuti sia cronici o da un isolamento sociale: il che porterebbe a fenotipi depressivi e ansiosi mentre, al contrario, interventi terapeutici che promuovono il benessere psichico stimolano la neurogenesi nell’ippocampo.
La neurogenesi dell’ippocampo è implicata in una varietà di processi mentali come la memoria, la memoria spaziale, la codifica di nuove informazioni e le funzioni esecutive. Infatti, pazienti con depressione maggiore presentano costantemente problemi nella memoria a lungo termine, nella memoria di lavoro (pregiudizio emotivo negativo) e nella funzione esecutiva (risoluzione dei problemi, controllo dell’attenzione, pianificazione e inibizione cognitiva).
Un nuovo modello sostiene che la diminuzione della neurogenesi influenzi anche una funzione dipendente dall’ippocampo di “pattern separation” (discriminazione degli stimoli) e come questo processo deficitario poi selezioni, di fronte a stimoli ambigui, le risposte che siano più familiari, stereotipate o automatiche. Questa funzione, se non deficitaria, permetterebbe di discriminare e memorizzare target simili ma non identici ed elaborarli come informazioni sensoriali con rappresentazioni distinte. Negli studi con soggetti depressi in compiti sperimentali che richiedono una forte discriminazione sensoriale degli stimoli è stata riscontrata un’ipoattivazione del giro dentato dell’ippocampo con prestazioni deficitarie nell’abilità del “pattern separation” della corteccia frontale. Ciò spiegherebbe alcuni dei fenomeni osservati in pazienti con disturbo depressivo maggiore, in quanto confonderebbero degli stimoli simili rispondendo come se fossero identici (rispondendo con tristezza sia a eventi negativi che ambigui), selezionando una risposta che incrementa il malessere psicologico. Questa incapacità sensoriale di discriminare le informazioni porterebbe a una minore flessibilità psicologica, abilità stimolata dall’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), il cui fulcro sta nel selezionare consapevolmente le risposte comportamentali in base ai valori scelti piuttosto che a pensieri e azioni stereotipate familiari (es. abitudini disadattive), che forniscono sollievo a breve termine ma sviluppano maggiori problematicità nel lungo termine.
Per approfondimenti:
Kellen Gandy, Sohye, Carla Sharp, Lilian Dindo, Mirjana Maletic-Savatic and Chadi Calarge; Pattern Separation: A Potential Marker of Impaired Hippocampal Adult Neurogenesis in Major Depressive Disorder, 2017; HYPOTHESIS AND THEORY; doi: 10.3389/fnins.2017.00571