di Daniele Migliorati
curato da Elena Bilotta
La relazione tra autolesionismo e alessitimia nel Disturbo Borderline di Personalità.
Il disturbo Borderline di Personalità (DBP) viene definito nel DSM-5 come avente caratteristiche di “instabilità dell’immagine di sé, degli obiettivi personali, delle relazioni interpersonali e degli affetti, accompagnata da impulsività tendenza a correre rischi e/o ostilità”. Una delle difficoltà maggiori di tali pazienti è sicuramente la regolazione delle emozioni e questo potrebbe spiegare l’insorgenza di comportamenti pericolosi dei DBP, come l’autolesionismo. I metodi più frequenti riportati sono tagli, graffi, bruciature, colpi con oggetti contundenti e battere la testa contro il muro. Tali comportamenti sembrano essere funzionali alla regolazione delle emozioni; infatti i pazienti spesso raccontano di utilizzare tali condotte autodistruttive con l’intento di minimizzare un’emozione negativa oppure per comunicare o influenzare altre persone, quindi agendo le proprie difficoltà invece di verbalizzarle (azioni al posto delle parole). Circa il 70% dei pazienti DBP ha una storia di autolesionismo. Questi comportamenti hanno conseguenze negative e costi anche per la salute generale, dato che tagli e contusioni sono spesso motivo di accesso a cure di pronto soccorso.
Doctors (1981) suggerisce che le condotte autolesionistiche, a prescindere che si verifichino in pazienti con DBP o meno, possano essere collegate all’alessitimia, ovvero all’incapacità di identificare e descrivere le proprie emozioni, unita a una tendenza a focalizzarsi su elementi esterni/concreti, piuttosto che alla propria esperienza emotiva. La difficoltà a descrivere le proprie emozioni sembra spiegare i comportamenti autolesionistici, come se i pazienti alessitimici, non essendo in grado di comunicare le proprie emozioni adeguatamente, agissero tali comportamenti al fine di ridurre il distress emotivo. Una ricerca recente condotta su 185 pazienti con DBP, nel tentativo di capire quale sia l’associazione fra alessitimia, autolesionismo e DBP, ha confermato il precedente dato circa la grande frequenza di condotte autolesionistiche nei BDP (82% del campione) e ha identificato cinque funzioni di tale comportamento, ovvero:
1) soppressione/evitamento di emozioni negative;
2) auto-punizione;
3) evitamento di immagini o ricordi spiacevoli;
4) evitamento di sensazioni di vuoto;
5) per sfuggire da uno stato di confusione.
Inoltre, il 71% del campione presentava alti punteggi di alessitimia. In ultima analisi, la ricerca riporta che esiste un’associazione fra la frequenza degli eventi autolesionistici e il punteggio di alessitimia, a prescindere dal genere e dalla eventuale comorbilità con sintomi depressivi. Lo studio illustra quindi come una maggior compromissione sul piano della comunicazione emotiva possa essere un fattore fortemente predittivo del comportamento autolesionistico in un campione di pazienti con disturbo borderline di personalità.
Questo risultato è estremamente rilevante in campo clinico, perché indirizza le scelte di strategia terapeutica verso l’obiettivo di migliorare ed ampliare il vocabolario delle emozioni in tali pazienti, al fine di migliorare le loro capacità di regolazione emotiva. É infatti noto che il solo saper riconoscere le emozioni e saperle nominare correttamente, riduce di molto il loro impatto attivante. Numerosi approcci terapeutici di matrice cognitivista, come la terapia dialettico comportamentale, si focalizzano sulle abilità di regolazione delle emozioni in tali pazienti come strategia primaria di trattamento.
Riferimenti bigliografici
Sleuwaegen, E., Houben, M., Claes, L., Berens, A., & Sabbe, B. (2017). The relationship between non-suicidal self-injury and alexithymia in borderline personality disorder:“Actions instead of words”. Comprehensive psychiatry, 77, 80-88.
Doctors S. The symptom of delicate self-cutting in adolescent females: a developmental view. In: Feinstein SC, Looney JG, Schwartzberg AZ, & Sorosky AD, editors. Adolesc Psychiatry. Chicago: University of Chicago Press; 1981. p. 443–60.