Fame emotiva ai tempi del Coronavirus

di Rossella Cascone

L’ emotional eating è un comportamento alimentare che rappresenta una delle principali cause dell’instaurarsi di una relazione conflittuale con il cibo

Il cibo desta da sempre molto interesse nelle persone, risulta una fonte di benessere e lo si accomuna spesso a eventi sociali ed emotivi che esulano dalla fame.

In particolare, il “confort food” è un cibo consolatorio che si associa a momenti piacevoli del passato o che permette di affrontare un momento difficile: le persone lo consumano perché ritengono possa aiutarle a gestire delle situazioni critiche, come ridurre lo stress o emozioni di noia, rabbia, ansia. In questo modo, si mangia senza realmente essere affamati.

A causa dell’attuale emergenza sanitaria, ogni individuo sperimenta differenti emozioni, fondamentali per il suo funzionamento ma che lo rendono più vulnerabile.

Ansia e angoscia per l’imprevedibilità della minaccia, solitudine e tristezza per le ridotte, se non inesistenti, relazioni sociali, sono tra le principali emozioni provate, ma anche senso di colpa per un possibile contagio dei cari (pensiamo, ad esempio, al personale sanitario), o semplicemente noia perché non si sa come occupare le giornate.

Uno dei rischi che si corre in questi giorni in cui si è costretti a restare in casa per l’emergenza Coronavirus, è proprio quello di consolarsi con il cibo, ricercando un conforto in esso.

Il mangiare spinti da “cause” emotive o in relazione a stati emotivi (emotional eating) è un comportamento alimentare che rappresenta una delle principali cause dell’instaurarsi di una relazione conflittuale con il cibo, che può dare luogo, in casi più gravi, al disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).

Questo comportamento spesso viene messo in atto in modo automatico, senza averne consapevolezza, e non risolve i problemi emotivi ma, al contrario, li aggrava, poiché alle emozioni negative si associa il senso di colpa per aver mangiato “troppo” o cibi non necessari e dannosi. In questo modo si tende a peggiorare lo stato psicofisico della persona.

Al contrario della fame fisica, ovvero lo stimolo che avverte della necessità dell’organismo di ricevere nutrienti, la fame emotiva arriva quando processi cognitivi, di pensiero, fanno venire la voglia di un determinato cibo. Per tale ragione, risulta essere improvvisa e urgente, anche se si è finito di mangiare da poco tempo, si manifesta con insistenza ed è molto specifica (“ho proprio voglia di gelato”), e non si frena quando il senso di pienezza è stato raggiunto.

La fame emotiva viene avvertita nella testa e non nello stomaco, pensando al sapore e all’odore del cibo di cui si ha voglia, ed è caratterizzata da un mangiare inconsapevole che porta a finire una scatola di biscotti o una busta di caramelle senza averle assaporate.

Inevitabilmente, questo comportamento genera un senso di colpa che può essere seguito, in alcuni casi, da un’emozione di vergogna.

È chiaro che non è sempre sbagliato utilizzare il cibo come mezzo per sentirsi meglio, lo diventa se ogni volta che si è stanchi, arrabbiati o delusi si fa ricorso al cibo per sentirsi meglio.

Succede spesso che le persone non sappiano definire bene il sentimento negativo che provano e che tendano a mangiare quando l’emozione non è “etichettata”. Inoltre, all’interno del mondo dei “mangiatori emotivi”, si incontrano persone consapevoli di esserlo ma che, incastrati in questo circolo vizioso, non riescono a uscirne. Vi sono poi i “mangiatori emotivi” inconsapevoli, che rappresentano la maggioranza del gruppo, i quali associano le problematiche legate al peso a credenze erronee come metabolismo lento, problemi ormonali o problemi alla tiroide, i quali credono che un medicinale o un intervento risolva il problema. Anche in questo caso, oltre a un atteggiamento deresponsabilizzante, vi è una scarsa consapevolezza.

Per spezzare il circolo doloroso dell’emotional eating è di fondamentale importanza conoscere e saper identificare le proprie emozioni ed esprimerle. Di fatto, imparare a riconoscere l’emozione che scatena la fame emotiva è un passo importante per imparare a gestire la dipendenza dal cibo e quindi per cambiare le abitudini.

In questo momento di emergenza, una delle attività ricreative o di “distrazione” è inevitabilmente mettersi ai fornelli e cucinare.

Uno dei modi per contrastare la fame emotiva è puntare alla qualità del cibo, riducendo le quantità, e impegnando il proprio tempo nella preparazione di piatti particolari ed elaborati, evitando di mangiare in piedi e correre in dispensa quando si ha un attacco di fame.

Bisogna però ricordare che nei momenti critici non vi è solo il cibo: concentrarsi su attività di svago o passioni accantonate, condividere le proprie emozioni con persone di fiducia sono valide alternative che possono essere d’aiuto.

Per approfondimenti

American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5). Tr. It. Masson, Milano 2004.

Beck  J.S. “Dimagrire con il metodo Beck: impara a pensare magro”, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2008.

Medde P., Reposati A. “Psicologia e alimentazione: 5 passi per controllare la “fame emotiva”, . Roma, 2014, https://www.ordinepsicologilazio.it/risorse/psicologia-e-alimentazione/ (consultato il 29 marzo 2020).

Smith M., Segal J., Segal R. “Emotional Eating and How to Stop It”, 2019, https://www.helpguide.org/articles/diet-weight-loss/emotional-eating.htm

 

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