Disgusto morale e rabbia

di Roberta Romano
a cura di Barbara Basile

Due emozioni molto studiate sono il disgusto e la rabbia, soprattutto per quanto riguarda questioni etiche. Alcuni studi affermano che sentimenti ostili servono per prendere decisioni morali. Secondo l’ipotesi the community/contempt – autonomy/anger – divinity/disgust (CAD) la rabbia sembra nasca come risposta a violazione dei diritti e dell’autonomia, mentre il disgusto, nella sua accezione più morale, origina da violazioni della divinità o della purezza. In precedenti ricerche è stato ipotizzato che il disgusto possa sorgere quando una persona è vista come cattiva, indipendentemente dalla norma morale infranta, mentre la rabbia sembra essere legata alla valutazione di un’azione come giusta o sbagliata. Per testare queste ipotesi, Ginger-Sorolla e Chapman (2017) hanno svolto tre studi in cui sono state manipolate singolarmente le variabili relative all’azione e all’indole (caratteristiche che definiscono il carattere di un individuo) rispetto a violazioni morali dannose. Nel primo studio si presentano due brani: nel primo c’è John che apprende il tradimento della sua fidanzata e, sopraffatto dalla rabbia, la picchia; nel secondo c’è Robert che, di fronte alla medesima notizia, sfoga la rabbia sul gatto invece che sulla donna. E’ stato chiesto ai partecipanti di valutare il comportamento di John e Robert e di riportare le loro emozioni. I risultati indicano che l’azione rivolta contro il gatto è giudicata meno sbagliata rispetto a quella rivolta contro la donna, mentre il carattere morale di Robert è valutato peggiore rispetto a quello di John. Lo scenario del gatto e quello della donna evocano differentemente scenari di disgusto e rabbia, in particolare alti punteggi di disgusto per lo scenario del gatto e livelli elevati di rabbia per quello della donna. Coerenti con le previsioni, i risultati mostrano che un alto disgusto è associato con una valutazione del personaggio più negativa, rispetto alla rabbia. Il secondo studio ha cercato di separare l’azione dal protagonista: l’informazione riguardo l’azione è variata dalla manipolazione delle conseguenze e dal fatto che l’altra persona è stata danneggiata o meno. Inoltre è stato variato se l’agente credeva che l’azione avrebbe causato danno o meno. Come ci si aspettava, il desiderio dell’agente di provocare danno innalza nei partecipanti il giudizio di personaggio cattivo e ha portato alla scelta del disgusto più spesso rispetto alla rabbia, ancor di più quando non ci sono conseguenze. La rabbia invece predomina sul disgusto quando ci sono conseguenze dannose ma non il desiderio di danneggiare. Nell’ultimo studio gli autori hanno rimosso la manipolazione della credenza, fornendo informazioni solo sul desiderio di danneggiare e sulle conseguenze del danno, ipotizzando che la valutazione della persona mostrerebbe una più forte influenza di disgusto rispetto alla rabbia, mentre la valutazione dell’azione sarebbe legata maggiormente alle conseguenze, mostrando così un’influenza più forte della rabbia rispetto al disgusto. Si è visto che la rabbia è più alta quando accadono conseguenze negative, anche se l’agente non lo desiderava ma, contrariamente all’ipotesi di partenza, solo quando le emozioni sono focalizzate sulla persona piuttosto che sull’atto. I risultati dei tre studi supportano l’ipotesi dei ricercatori che il disgusto sarebbe attivato, in misura maggiore rispetto alla rabbia, come risposta a informazioni riguardanti le caratteristiche dell’agente. Complessivamente, questi risultati suggeriscono che disgusto e rabbia, sotto certe condizioni, sono sensibili alle diverse variabili morali. Sarebbe interessante valutare anche le differenti funzioni sociali di queste due reazioni, considerando anche il loro ruolo in diverse condizioni psicopatologiche (ad esempio, il disturbo ossessivo compulsivo e diversi disturbi di personalità).

Riferimenti bibliografici:

Giner-Sorolla, R., & Chapman, H. A. (2017). Beyond purity: Moral disgust toward bad character. Psychological Science.

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