Quando le parole restano in gola…

di Giordana Ercolani

“Non sembra nostra figlia: da sempre, quando siamo fuori casa, non la riconosciamo. In mezzo alla gente sembra così spaventata e imbarazzata che proprio non sappiamo come sia possibile! A casa con noi è completamente diversa, ha sempre qualcosa da dire, non sta mai zitta…”

Sabrina* è una ragazza di soli 13 anni, tuttavia ha già alle spalle una lunga storia di sofferenza emotiva a cui conseguono grandi difficoltà nella vita quotidiana. Secondo quanto raccontato dai suoi genitori, da sempre la loro bambina ha difficoltà a comunicare verbalmente con gli altri, sia che si tratti di adulti sia di coetanei. Nessuno oltre le mura domestiche ha mai sentito la sua voce, neanche la mamma e il papà o le sue sorelle: se Sabrina è fuori casa, circondata da persone che non fanno parte della ristretta cerchia familiare, in lei si attiva il silenzio. Nel tempo, a ciò si è aggiunta una sempre più intensa inibizione, che non le permette di alzare lo sguardo da terra per osservare il mondo intorno a lei, guardare qualcuno negli occhi, scrivere con fluidità, muoversi o, ancor peggio, in alcune situazioni, anche solo camminare in modo coordinato, pur non avendo alcuna problematica inerente la coordinazione motoria. Sabrina sa fare molto più che camminare: sa saltare con la corda, giocare all’elastico, andare in bicicletta, proprio come tutte le sue coetanee. Le piace molto cantare, ballare, recitare le scene dei suoi film preferiti; è ironica, invia messaggi vocali alle sue sorelle, racconta barzellette e fa discorsi davanti lo specchio per essere pronta a ogni evenienza, anche se poi nel momento fatidico… Tantissima ansia e nessun filo di voce.

È così che il “mutismo selettivo” costringe Sabrina nel silenzio e la porta a essere, agli occhi degli altri, chi non sente pienamente di essere.

In psicoterapia, dopo un lungo periodo di mutismo anche con la propria terapeuta, Sabrina riesce a descrivere ciò che le accade quando si trova in mezzo alla gente: “Le parole non escono… Non vogliono uscire, anche se io vorrei riuscirci […]. Non so che mi prende, non è una cosa normale starsene sempre zitti quando gli altri si aspettano che tu dica qualcosa […]. In questo modo tutti si accorgono quanto sono strana… Non mi sembra una cosa che accade alle ragazze normali”.
Un incontro dietro l’altro, Sabrina riesce a comprendere ciò che le accade emotivamente in quelle circostanze. Ricostruendo il quadro nel dettaglio, un pezzo alla volta come si fa con i puzzle più complessi, viene a delinearsi gradualmente una sequenza di emozioni legate a specifici pensieri e credenze, su sé stessa e su gli altri; pensieri che si ripetono ormai automaticamente da molti anni nel funzionamento psicologico della ragazza e che sorreggono un circolo vizioso composto da idee, emozioni e comportamenti che hanno amplificato la problematica a tal punto da sembrare impossibile risolverla.

Il mutismo selettivo è un disturbo che ha ancora molto bisogno di essere conosciuto dall’opinione pubblica. Quando ci imbattiamo in un bambino particolarmente silenzioso, ricordiamoci di Sabrina: potrebbe avere molte cose da dire ma non riuscirci in quel momento.

* nome di fantasia

Per approfondimenti

Clark, D. M., & Wells, A. (1995). A cognitive model of social phobia. In R. G. Heimberg, M. R. Liebowitz, D. A. Hope, & F. R. Schneier (Eds.), Social phobia: Diagnosis, assessment, and treatment (p. 69–93). The Guilford Press.

Wells, A. & Clark, D. M. (1997). Social phobia: A cognitive approach. In G. C. L. Davey (Ed.), Phobias: A handbook of description, treatment and theory (pp. 3–26). Chichester, Sussex: Wiley.

Castelfranchi C., Che figura. Emozioni e Immagine sociale, Bologna: il Mulino,1988.

Foto di Ketut Subiyanto da Pexels

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